CIVITAVECCHIA – La notizia della morte di Cheikh Mory Diouf ha fatto presto il giro del litorale. La comunità senegalese si è riunita poco dopo le 14 in viale della Vittoria, per cercare di comprendere i motivi della tragedia, ma anche per vedere Mory Diagne, uno dei due cugini della vittima testimoni (anche se non proprio oculari, in quanto erano in un’altra stanza, così come un ragazzo cecoslovacco loro vicino) dell’omicidio, ascoltato in Procura dal magistrato titolare delle indagini. «Una tragedia incredibile – dice piangendo Diagne – non avevamo problemi con nessuno. Sono vent’anni che siamo a Civitavecchia. Cheikh non faceva che lavorare, al mercato vicino alle scalette o al viale. Era presto, lui si stava preparando per andare in centro, abbiamo sentito un colpo. Che succede? Ho gridato. Non capivo bene, ho detto: ‘Paolo che fai?’ Ma aveva già sparato il secondo colpo e mio cugino era a terra. Ci ha detto di rientrare in casa, aveva il fucile in mano e non parlava.
Noi eravamo terrorizzati, con lui c’era un’ombra, forse il figlio. Mio cugino perdeva tanto sangue. Poi è arrivata la Polizia, un agente gli ha fatto posare il fucile e ha cercato di aiutare Cheikh, ma è stato tutto inutile. Io non so perché è successo, ma lo ha ucciso come un cane. Litigi? Non so con lui, ma è difficile: non ci incontravamo quasi mai, per via degli orari, noi stiamo tutto il giorno fuori al mercato». Il numero dei senegalesi davanti al Commissariato ieri è aumentato con il passare dei minuti, fino a quando alcune decine di stranieri arrivati anche da Ladispoli e Cerveteri e hanno inscenato un’accesa protesta di fronte al commissariato. Hanno trascinato in strada dei cassonetti per i rifiuti, iniziando a buttare a terra la spazzatura e impedendo alle auto di passare in quel tratto. Sul posto sono stati improvvisati anche degli striscioni: “Un poliziotto ha ammazzato nostro fratello”. Poi commenti duri, tutti dallo stesso significato: la polizia lo ha ucciso. La parola razzismo non compare quasi mai, ma i più ragionevoli, che invitano ad andare a pregare a Ladispoli, non sono ascoltati. Si vuole organizzare uncorteo fino al trbiunale, si vuole giustizia, subito. Neppure la presenza del vicequestore Sergio Quarantelli, circondato dagli agenti in servizio, è servita a calmare gli animi; i senegalesi hanno chiesto di parlare con l’Ambasciatore. Il momento è sembrato propizio agli uomini della polizia giudiziaria, che dal retro del commissariato hanno fatto uscire l’arrestato per condurlo in carcere evitando particolari problemi. In serata è arrivato il delegato dell’ambasciata senegalese Leopoul Diouf, intenzionato a vederci chiaro: «Vogliamo sapere cosa è successo – ha affermato in serata a Civitavecchia – ci sarà un’indagine parallela, le spiegazioni avute non ci bastano». Poi, la telefonata del sindaco, di ritorno in città, con Mory Diagne, al quale il primo cittadino, che lo conosceva personalmente, ha espresso solidarietà invitandolo, insieme al resto della comunità senegalese, all’incontro al Pincio, programmato in serata.

