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    Porto
    2 Novembre 2011
    ‘‘Civitavecchia piattaforma strategica’’

    di LELIO MATTEUZZI *

    CIVITAVECCHIA – «Civitavecchia ed il suo hinterland sono un importante centro di attrazione per realizzare una piattaforma logistica tra le più strategiche in Europa e nel Mediterraneo. Gli stakeholders internazionali sono interessati all’alto Lazio e intendono investire in un sistema integrato di logistica tra il porto di Civitavecchia e le aree adiacenti…..” E’ quanto è emerso in modo unanime durante un importante seminario organizzato dall’Autorità portuale di Venezia e dal centro di Formazione Logistica dell’Università Cà Foscari dal titolo : “ dinamiche evolutive della portualità italiana nel contesto globale”. I relatori, fra cui Bruno Dardani, storica firma del Sole 24ore e direttore della rivista “Capo Horn”, il professor Fabio Pollice, importante esperto di geografia economica in Europa ed il professor Giacomo Burroso tra i più noti accademici italiani nell’economia dei Trasporti, titolare della cattedra omonima presso l’Università di Trieste, hanno confermato e ribadito che la portualità Civitavecchiese presenta caratteristiche uniche nel contesto globalizzato, con un dinamismo che è stato scarsamente influenzato dalla crisi mondiale nel 2008/09 e su cui l’interesse degli operatori di logistica si concentra ormai con sempre maggiore attenzione.
    Assume un’importanza ancora maggiore quanto dibattuto in Venezia, se si considera il contesto dove si è svolto il seminario. Nell’alto Adriatico sono ben tre i progetti di logistica integrata che si fronteggiano per il reperimento delle risorse finanziarie: la realizzazione di una piattaforma container off-shore dell’Autorità Portuale di Venezia, la realizzazione del “Molo VII” del porto di Trieste e la più dibattuta ipotesi progettuale degli ultimi anni, ovvero, un nuovissimo terminal container con annessi distripark, autostrada e ferrovia nel porto di Monfalcone grazie ad un investimento programmato da Maersk e Unicredit, del tutto simile a quanto è stato realizzato a Tangeri dalla stessa Maersk.
    «Sul piano della competitività del sistema portuale civitavecchiese, nel contesto globale – ha affermato il prpofessor Burroso – il porto non rappresenta più semplicemente un luogo per l’interscambio delle merci (ovvero dove vengono caricate e scaricate), ma potrebbe diventare un elemento funzionale nella catena della logistica nazionale. Ne consegue che il porto deve integrarsi sempre di più nei sistemi logistici e distributivi rappresentati dalle piattaforme logistiche o district park. Nello specifico, a Civitavecchia, è lo sviluppo diffuso di alcune tipologie di traffico (ro/ro) ed un nuovo terminal container con alti fondali a richiedere un volume maggiore di spazi portuali tale da condurre al decentramento delle superfici per lo stoccaggio e le altre attività connesse al carico, in zone che potremmo genericamente definire inland terminal strategiche nel retroterra portuale». La domanda di spazio portuale e le innovazioni conseguenti, complessivamente, sono un’esigenza di tutti gli scali nazionali, rappresentando un elemento del vantaggio competitivo di un determinato territorio rispetto alla tradizionale capacità di realizzazione delle infrastrutture da parte del management pubblico.
    «Non sempre – ha detto il professor Pollice – questo spazio è disponibile e l’acquisizione di maggiori superfici spesso è impossibile, specialmente quando i porti sono inseriti in contesti urbani fortemente sviluppati. Il retroterra civitavecchiese possiede l’unicità nel mediterraneo occidentale di possedere grandi spazi naturalmente da asservire alla logistica portuale e dove insediare aree per la sosta, lo stoccaggio e la movimentazione di merce unitizzata con impatti ambientali minimi. Peraltro, nel corridoio tirrenico, l’area umbro–tosco–laziale è priva di una contigua piattaforma logistica, potendo contare sulle scarse risorse infrastrutturali del porto di Civitavecchia e dovendo far fronte per la crescente domanda di mobilità, sui sistemi portuali campani e Livornesi.
    «Inoltre – ha aggiunto Dardani – gli investimenti pubblici in infrastrutture sono, ormai, unanimemente, considerati superati come concetto evolutivo. Dal 2006, i progetti e gli investimenti del CIPE, per 100 MLD di euro, sono stati emendati centinaia di volte e le risorse, prima di divenire cassa, sono costrette a passare le forche caudine di una crisi del debito sovrano del sistema paese che strangola qualsiasi velleità negli investimenti pubblici. I privati insistono e spingono per realizzare investimenti mastodontici con risorse certe ed esigibili, ma questi progetti si scontrano con la realtà italiana, che è fondata sull’inadeguatezza di un sistema amministrativo in grave ritardo nell’adottare una normativa snella, rapida ed efficace per avviare operazioni di questo genere. Su Monfalcone, infatti, si registra uno scontro mortale con Assoporti, in quanto, gli investitori non vogliono confrontarsi con il mondo farraginoso ed anacronistico, così viene definito da UNICREDIT, delle Autorità Portuali italiane, per cui si chiede l’adozione di misure urgenti atte a cambiare l’attuale governance italiana degli scali marittimi».
    Su Civitavecchia si potrebbe perdere l’occasione. Gli esempi non mancano: il progetto per la realizzazione dello scalo minore di Fiumicino è stato approvato dopo 11 anni dalla data di presentazione ai ministeri competenti, una storia che, quando raccontata nei contesti internazionali, si fatica a farla considerare vera ai propri interlocutori.
    *Dirigente Lavoro portuale – Port Authority Civitavecchia