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    Lettere
    2 Novembre 2011
    "Civitavecchia, altro che città turistica"

    CIVITAVECCHIA – “Chi vi scrive è un frequentatore assiduo di ristoranti, un po’ per motivi di lavoro (non sono residente a Civitavecchia), che mi tiene lontano da casa per molte ore al giorno e un po’ per piacere, svariate volte a settimana mi trovo a dover mangiare fuori casa.
    Possiamo dire che sono un frequentatore “abituale” di uno stretto giro di ristoranti “turistici” a Civitavecchia e dintorni. Per quanto è la mia esperienza, grazie anche alla conoscenza dei miei colleghi con i gestori dei ristoranti, ho potuto constatare che al cliente o al gruppo di clienti abituali che si trovano a consumare un pasto nella pausa lavorativa, il trattamento (che è sicuramente privilegiato rispetto a quello riservato a turisti e avventori occasionali), nel rapporto qualità – prezzo è buono. Poi ovviamente, ci sono punte di eccellenza: mi riferisco a quei due o tre locali presenti in città dove si può gustare il pescato locale, dove vengono proposti piatti di alto livello e etichette di vini anche rari. Ma ovviamente, per motivi di portafoglio, gli appuntamenti con questi locali rappresentano un’eccezione.
    Nella giornata di ieri ho deciso di provare un nuovo posto, che mi aveva sempre incuriosito. Sto parlando di un piccolo ristorante nel cuore di Civitavecchia a gestione familiare, nel centro storico, appunto, della città. Un posto semplice, senza pretese, ma a volte, penso, sono proprio i locali così che possono riservare le sorprese migliori.
    Ciò che salta subito all’occhio è che il menu’ è assolutamente privo di fantasia, non c’è nessuna nota che possa far ricordare una particolarità del locale, un piatto “dello chef” o qualcosa del genere. Un menu come se ne trovano a decine, a centinaia. L’inizio è molto incerto, con un antipasto a base di salumi che si potrebbero tranquillamente trovare in qualsiasi supermercato, un po’ di verdure grigliate sott’olio, un vino della casa molto modesto. A seguire, un primo che era a dire poco immangiabile: a parte il condimento totalmente scialbo, era evidente che non era stato messo il sale nell’acqua di cottura della pasta! Ma il bello deve ancora venire.
    Cerco di sforzarmi per ingollare qualche boccone, proprio per non far rimanere male i gestori, ma decido di fermarmi là, più che altro per il terrore di dover essere nuovamente costretto a mangiare qualcosa di immangiabile.
    Chiedo il conto: 28 euro!!! Cioè, a Civitavecchia, in una specie di trattoria, dalla quale si esce mezzo avvelenati, ti chiedono 28 euro (quasi 55mila vecchie lire) per un antipasto e un primo a base di “terra” e mezzo litro della casa? Lo trovo semplicemente assurdo.
    Ma è questa la classe imprenditoriale che vuole “intercettare” i croceristi e trattenerli qui in alternativa a Roma? Spett.li giornalisti, per farvi capire meglio la “gravità“ della questione, consentitemi di portarvi un paragone: il mese scorso sono stato a una nota enoteca nel centro dell’Urbe, fra via Condotti e via della Scrofa: beh ho mangiato le stesse cose, ovvero un abbondante antipasto (di qualità), un primo (buono) e un calice di vino (di qualità), pagando 33 euro: un prezzo accettabile considerando il luogo. Vi rendete conto di come sia assolutamente al di fuori da qualsiasi criterio chiedere questi prezzi per aver offerto il nulla? Di certo per un singolo episodio non si può dire che a Civitavecchia siano tutti così, ma confrontandomi con alcuni colleghi residenti, ne ho avuto quasi la conferma, mi hanno spiegato, che noi, per il nostro lavoro e la nostra posizione, siamo dei “privilegiati” ma che il trattamento, nei principali locali di Civitavecchia, per gli sfortunati croceristi che decidono di avventurarsi in giro per la città o per qualche cliente occasionale, il trattamento è proprio uguale a quello da me ricevuto. So che c’è crisi nel settore, ma a questo punto la cosa non mi stupisce affatto e credo sia oltremodo preoccupante la situazione attuale. Mi chiedo: chi può spiegare ai ristoratori tutto ciò? Chi è in grado di dirgli che non è questo il modo per crescere, per raggiungere l’eccellenza, per intercettare il flusso turistico e per essere apprezzati? Come si può dare una cultura,da questo punto di vista, a queste persone?”

    Luca Davanti