Porto
2 Novembre 2011
"Seport, una strana crisi aziendale"

CIVITAVECCHIA – A ridosso del nuovo incontro, in programma domani, tra dirigenza Seport e sindacati, il consigliere del Pd Marietta Tidei e il responsabile area lavoro del partito Edmondo Cosentino, sono intervenuti sulla questione relativa alle difficoltà della società di interesse generale del porto che si occupa di verde e rifiuti definendo “strana” l’attuale crisi aziendale, riportando alcune voci che circolano insistenti in questi giorni in città. «Sembrerebbe – spiegano – che con questa operazione si facilita l’ingresso nella Seport e in porto di una nota azienda locale che si occupa di smaltimenti e che con la creazione della Seport aveva smesso di lavorare nel porto di Civitavecchia per poi rientrarci con l’attuale presidenza, dopo aver annullato il contratto con un’altra società che da anni forniva servizi alla Seport e a detta di tutti con grande professionalità – tutta questa operazione avviene in un momento in cui l’Autorità Portuale, per complicati motivi giuridico-economici, non può sottoscrivere un aumento di capitale. Se il senso delle cose è questo siamo di fronte ad una strategia che porterebbe ad una perdita di denaro pubblico a vantaggio di privati». Motivo questo per cui i due esponenti del partito democratico chiedono l’intervento proprio dei vertici di Molo Vespucci, «per verificare – sottolineano – la stabilità economica dell’azienda, la correttezza delle tariffe applicate, controllare lo correttezza delle attività di smaltimento dei rifiuti e degli impianti e soprattutto garantire gli attuali livelli occupazionali. Qualora si riscontrino irregolarità, come da più parti si ipotizza, l’Autorità Portuale dovrebbe prendere in carico il servizio, garantendo il posto di lavoro agli attuali dipendenti, e procedere poi, rapidamente, a nuova gara pubblica dove ci sia l’obbligo di assunzione di tutti 63 lavoratori della società». Tidei e Cosentino si chiedono poi come si sia potuti arrivare ad una situazione del genere, con la società che, da azienda “gioiello” quale era, negli ultimi due anni ha visto sfumare un terzo del fatturato. «Ora l’azienda comunica ai sindacati che la previsione di perdita per il 2010 è di 600 mila euro – hanno aggiunto – che c’è bisogno di tre mesi di cassa integrazione per tutto il personale, che ci sono addirittura 25 esuberi, che corrispondono ad oltre un terzo dell’intero personale, e che occorre un nuovo piano industriale. E un nuovo Piano industriale a due anni dalle fine della concessione ci sembra a dir poco inusuale. Sarebbe interessante sapere come fino ad oggi in azienda hanno programmato gli investimenti. Ad esempio gli investimenti per gli impianti per lo smaltimento. E qui sorge una domanda: se la regolarità degli impianti è preventiva all’autorizzazione d’inizio attività da parte della Regione, come può la Seport non averli in regola? Ci stanno dicendo che non lo sono? La dirigenza Seport afferma che la cassa integrazione è necessaria. In realtà porterebbe un risparmio di soli 200 mila euro per ripianare il disavanzo di una società che prima dell’avvento dell’attuale Presidente ha chiuso il suo ultimo bilancio in utile, quello del 2007, che nei dodici anni di vita solo due volte è stata in perdita e che anzi ha spesso distribuito dividendi e indennità agli amministratori. Stiamo parlando di una società che opera nel porto di Civitavecchia in regime di monopolio e per larga parte delle proprie attività decide autonomamente i prezzi per gli utenti. Ci chiediamo come una società del genere possa essere in perdita e come possa aver raggiunto il limite di esposizione con le banche, tanto che i dipendenti sono preoccupati per il pagamento dei loro stipendi». Criticando poi la presidenza Garcia e chiedendosi quali nuovi contratti sia riuscito a portare aveando parlato di una azienda sull’orlo del fallimento, Tidei e Cosentino hanno sottolineato «le scelte sbagliate di questi ultimi anni, anche da parte del centrosinistra. Le aziende, pubbliche o private che siano – spiegano – hanno bisogno di manager preparati e con esperienza. La competenza va rimessa al centro delle scelte delle amministrazioni pubbliche perché scelte avventate e inopportune generano, e questo vale anche per l’amministrazione comunale, disastri di gestione incalcolabili che in questo caso potrebbero ricadere sui lavoratori».