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    Scuola e Università
    2 Novembre 2011
    Università, se La Sapienza resta alla finestra

    SEDEdi NICOLA PORRO
    CIVITAVECCHIA – I destini del nostro Polo universitario rimangono incerti, ma il Consiglio di Amministrazione del 6 luglio ha consentito almeno di avere un quadro più chiaro delle posizioni in campo. Allo stato, hanno approvato il nuovo Statuto e sottoscritto la trasformazione dell’ente in società consortile due dei quattro partner (Tuscia e Fondazione CariCiv). Il Comune di Civitavecchia, per confermare la propria adesione (che condiziona i contributi Enel) ha bisogno dell’avvenuta ratifica delle parti accademiche. La Sapienza, viceversa, manda ultimatum ai soci ma risulta essa stessa inadempiente rispetto al nuovo patto societario. Mi scuso per i tecnicismi, ma la questione ha rischiato di arenarsi, minacciando la sopravvivenza stessa del Polo, proprio su questioni di questa natura che è doveroso, seppure si tratti di materia arida e complicata, spiegare ai cittadini.
    Dice La Sapienza. Con il riordino previsto dal ministro Moratti e i tagli finanziari imposti da Tremonti e dall’ineffabile Gelmini non siamo più in grado di sostenere l’offerta didattica delle sedi decentrate (non solo Civitavecchia, ovviamente). La legge 270 cancella la possibilità di fare ricorso a docenti ‘non strutturati’ (meno costosi e privi di titolarità) nelle sedi decentrate ed esige la presenza di almeno dodici docenti di ruolo. Misure volute dal centrodestra per contrarre il ruolo dell’Università pubblica e aprire la strada agli interessi del mercato della laurea (università telematiche di varia estrazione, istituzioni private, enti formativi religiosi ecc.). I contributi locali, aggiunge La Sapienza, non coprono gli aggravi di spesa e alle sedi maggiori, cui il governo ha già tolto l’ossigeno con l’ultima Finanziara, non rimane che smobilitare l’offerta formativa delocalizzata. A meno che le sedi decentrate non attivino risorse autonome, garantendo però un rigoroso rispetto dei tempi di erogazione dei fondi. Sottoscrivendo, inoltre, convenzioni a lungo termine (si parla di almeno venti anni) che permettano di impostare una programmazione didattica coerente con le strategie della sede maggiore.
    A Civitavecchia si rimprovera di non aver adempiuto puntualmente alla copertura delle spese previste e di non aver ancora completato l’iter procedurale per l’adesione alla società consortile. Nello stesso tempo, però, nemmeno la Sapienza ha onorato l’impegno, preferendo minacciare la soppressione dei corsi di sua competenza, a cominciare dalla sospensione delle immatricolazioni per Consulenza aziendale. Gli addetti ai lavori sanno anche che in seno al maggiore Ateneo romano esistono posizioni diverse sulla questione delle sedi decentrate. Più intransigente e ostile il Consiglio d’Amministrazione (l’argomento è: ‘perché sprecare soldi in Provincia, quando non riusciamo a coprire neppure la spesa ordinaria dell’Ateneo?’). Meno perentorio il Senato accademico, che denuncia caso mai le responsabilità dell’ineffabile Gemini. La quale, da un lato, taglia le gambe al decentramento accademico e, dall’altro, inserisce la ‘promozione territoriale’ fra i ‘criteri incentivanti’ la politica universitaria. L’Università italiana è insomma un perfetto esempio di schizofrenia istituzionale e le piccole sedi rischiano di pagarne i prezzi maggiori.
    Di fatto è già agli atti una delibera del Cda della Sapienza (la 101/08 del 24 giugno 2008) e due del Senato accademico (8 luglio 2008 e 24 marzo 2009) che teoricamente inibirebbero la attivazione delle immatricolazione per i corsi di Economia (da noi il corso di laurea in Consulenza aziendale, peraltro quasi per intero finanziato dalla Fondazione CariCiv) e terrebbero in vita solo le annualità già in corso. Il corso di Tecniche erboristiche, ancora regolato dalla vecchia legge 509, rimarrebbe attivo fino ad esaurimento del ciclo triennale, in attesa di ulteriori sviluppi. Il che vuol dire che potrebbe non sopravvivere all’applicazione delle norme della legge 270 (docenti solo di ruolo, bilanci certi ecc.) che diverranno vincolanti ‘a regime’ partendo dal prossimo anno accademico.
    Il Comune di Civitavecchia, dal canto suo, sostiene che i contributi Enel (costretti a transitare macchinosamente per le casse del Pincio) sono già stati versati anche se non sono ancora pervenuti materialmente all’Università. La Fondazione CariCiv, che ha investito risorse fresche sul corso economico, pretende giustamente che la didattica di Consulenza aziendale non venga sospesa.
    Situazione, come si comprende, assai pesante ma ancora recuperabile se c’è una mobilitazione solidale di tutti gli attori coinvolti. A fronte del pronunciamento della Sapienza è infatti emersa una volontà di tutti gli altri partner di aprire una trattativa immediata che ponga come imprescindibile e inderogabile la questione della ripresa delle immatricolazioni per Consulenza aziendale e il rispetto degli impegni già assunti per Ingegneria e Farmacia. Quali previsioni? Molto è nelle mani di Tremonti. Se il Bilancio non eroga subito il contributo ordinario 2009 per l’Università non chiude solo Civitavecchia, ma mezzo sistema universitario italiano. Il rettore della Sapienza ha già annunciato un’azione dimostrativa al tribunale di Roma se i soldi non vengono sbloccati subito. Tanto più in presenza di un’offensiva così micidiale del governo contro l’istruzione pubblica serve però anche che, una volta presi gli impegni, essa vengano onorati da tutti i partner locali. Non si può più scherzare col fuoco circa i tempi di erogazione e trasmissione dei contributi dovuti dall’Enel al Comune di Civitavecchia e vincolati al Polo universitario. Deve finire subito il balletto sul ‘firma tu che firmo anch’io’. La trasformazione dello statuto è condizione necessaria per rilanciare il Polo o almeno per garantirne la sopravvivenza. Ultimo non ultimo, proviamo a pensare a un ridisegno dell’offerta formativa del Polo. Che non può rappresentare semplicemente una succursale burocratica dell’Ateneo o il ricettacolo di corsi che i mega-atenei non hanno interesse a gestire in proprio. Mi sento di riproporre con ancora maggiore convinzione l’idea di un grande progetto comprensoriale che associ i comuni dell’area, le sedi accademiche decise a scommettere sul Polo e le forze economiche disposte a investire. Bisogna farlo. E di corsa!