Lettere
15 Aprile 2013
Buone famiglie e piccoli vandali

Spett/le Redazione, si legge spesso nelle cronache di certe “prodezze” di imbecilli graffitari, vandali, bulli, blasfemi et similia, commentarne l’appartenenza a “buone famiglie”. Una volta ( e spero ancora oggi, e guai se più non fosse !) per “buona famiglia” si intendeva quella che con l’esempio e la pratica, più che a parole, sapeva trasmettere, e non solo ai figli, solidi valori di legalità , solidarietà, senso civico, rispetto del prossimo e del bene proprio e collettivo, a fondamenta per una comunità che voglia dirsi civile ed in civiltà convivere. Ora è pur vero che anche da una buona fabbrica può uscire a volte un prodotto avariato, ma quando ciò succede, significa che qualcosa nella filiera non ha funzionato. Ed io lo penso trasferibile e calzante anche per certe apparenti famiglie “per bene” quando “producono” qualche delinquente più o meno in erba. Sarebbe interessante, quindi, approfondire i percorsi educativi fra quelle mura domestiche ; per esempio sapere se e quanto, e con quanta convinzione, ci si sia spesi per inculcare alla prole, con pazienza e costanza, e fin dall’infanzia (perché è da qui che si scolpisce nel duraturo !) i rudimenti di quel vecchio, buon civismo , a cominciare dall’insegnare a dire “grazie”, “buongiorno”, “scusi”; a non liberarsi di carte, rifiuti ed altro per strada ; a portar rispetto agli anziani ; a spiegare perché il bene pubblico va privilegiato sul privato; che “fare i furbi” alla fine non paga perché “ricorda che c’è sempre qualcun altro più furbo di te” ( Confucio ); che la violenza è una brutta malattia contagiosa e la sopraffazione non è una distinzione di (stupida) “virilità” ; o le quante volte si sarà lesinata qualche sana punizione per qualche insano gesto ; o, peggio di tutto, nello scadere in un certo, malinteso “modernismo” che pretenderebbe quella “buona educazione” di una volta quasi un retaggio in disuso, se non una forma di mollezza relazionale ! Che dire, poi, di quel perverso iperpotezionismo acritico di tanti genitori “sindacalisti dei figli”, sempre pronti a giustificarne e scusarne ogni comportamento per quanto palesemente incivile ? Così trasmettendo disvalori e convincimenti di depenalizzazioni morali che non aiutano certo la percezione dei limiti ? E così via proseguendo, ad es. sui tanti cedimenti a mode e capricci e, perché no, anche a domestiche ( e non solo !) dialettiche non proprio da galateo ! Ora, se tutte queste risposte saranno state assolutorie, si potrà pur parlare di “buone famiglie”, solo sfortunate per un singolo frutto marcio ; diversamente…… evitiamoci tanti stupori !

Gennaro Goglia