CIVITAVECCHIA – “Spettabile redazione, sono una signora di 56 anni, residente a Civitavecchia e a proposito di ciò che è avvenuto nella struttura di Bellosguardo di Civitavecchia, vorrei precisarvi e raccontarvi che certi disumani trattamenti verso i degenti lì ricoverati, avveniva anche in passato, e precisamente già dal 2005/2006. Vi scrivo perché ho avuto anche io, una bruttissima e traumatizzante esperienza riguardante i modi «orrendi e bestiali» in cui venivano trattati gli anziani ricoverati nella struttura sanitaria di Bellosguardo a Civitavecchia. Parlo per esperienza diretta, e più precisamente di come veniva trattato mio padre di 81 anni affetto da Alzheimer, che nel 2005 era entrato nella suddetta struttura sanitaria per essere accudito e assistito dal personale cosiddetto «specializzato» in quel tipo di malattie, poiché la gravità della malattia non permetteva a noi familiari di poterlo fare in casa. Nonostante si pagasse una bella cifra, che a quel tempo era di circa 1000euro (perché solo una parte era mutuabile), mio padre fu trattato molto peggio delle «bestie». Subito appena ricoverato, per impegni di lavoro, non potei recarmi a trovarlo per una decina di giorni circa. Un pomeriggio, andai a trovarlo senza avvisare nessuno del personale sanitario e fuori orario di visita e trovai mio padre legato al letto con una corda stretta intorno alle mani, ai piedi e alla vita, che lo teneva immobile e impossibilitato anche a girarsi su un fianco. Indossava una maglia di lana a maniche lunghe, (si tenga presente che si era nel caldo afoso di metà agosto), il pannolone zuppo, anzi strazuppo di urina, la barba lunga di 10 giorni, la bocca secca e screpolata a sangue, che denotava che da vario tempo non beveva ed emanava un odore nauseabondo misto di sudore, urina e feci non pulite, che denotava la mancanza totale di igiene. Quando lo trovai in quelle condizioni, suonai il campanello e non vedendo giungere nessuno, andai a cercare di parlare con la capo reparto. Dovetti aspettare circa un’ora fuori della sua porta, perché mi riferirono che era molto occupata, ma sentendo dal di fuori, le mie rumorose e insistenti rimostranze per il fatto accaduto, aprirono la porta e con lei, c’era dentro anche con un dottore. Feci le mie rimostranze, li avvisai duramente che l’indomani sarei venuta a riprendere mio padre, perché non era mia intenzione farlo morire prima del tempo e in quell’orrendo modo, e li ammonii dicendo che avrei subito denunciato il fatto (cosa che invece purtroppo non avvenne perché mia sorella maggiore non voleva che il nome di mio padre finisse sui giornali, dato che a quel tempo era molto conosciuto). La mattina seguente, subito portammo via mio padre in un altro istituto privato fuori di Civitavecchia, dove fu assistito benissimo e vi restò fino alla morte avvenuta l’anno dopo. Mi sono pentita tantissimo di aver dato retta a mia sorella e non aver denunciato quel fatto accaduto, perché forse avrei potuto evitato che tanti «vecchietti» bisognosi di assistenza e affetto, venissero invece trattati in quel mostruoso modo, che probabilmente li ha portati, prima del tempo, alla loro morte. Oggi, sarei disposta e pronta a testimoniare o sottoscrivere una deposizione in merito, purché «questo inaudibile scandalo pubblico» abbia un termine”.
Francesca
Lettere
8 Luglio 2014
"Bellosguardo, mio padre trattato peggio delle bestie già nel 2005"


