BRACCIANO – La discarica di Cupinoro ancora sotto la lente d’ingrandimento della magistratura inquirente. Il caso è quello dei 13 milioni di euro destinati al fondo post mortem della discarica e svaniti nel nulla. Alcuni giorni fa è scattato un nuovo blitz della guardia di finanza, che ha eseguito alcune perquisizioni, ordinate dal procuratore capo di Civitavecchia Gianfranco Amendola che ha in mano l’indagine insieme al sostituto Lorenzo Del Giudice. Le fiamme gialle si sono recate nella sede della Bracciano Ambiente, oltre che nelle abitazioni di alcuni dirigenti della società che si occupa della gestione della discarica, ed hanno sequestrato una serie di documenti. «Documentazione – scrivono i giudici riportando la motivazione addotta dal pm – attinente la gestione contabile della discarica con riferimento ai fondi post mortem indicati nell’imputazione provvisoria». E ancora: «Documentazione bancaria e contabile riguardante il debito tributario in essere presso la Regione Lazio, modelli organizzativi eventualmente istituiti dalla società, nonché elementi che possano condurre all’identificazione di eventuali complici». Sequestro a cui poi si è successivamente opposto il titolare della Bracciano Ambiente, Marcello Marchesi, più precisamente dalla difesa dell’amministratore unico della Bracciano Ambiente. Istanza che è stata però rigettata dal collegio giudicante del Riesame del Tribunale di Roma, composto dai giudici Claudio Carini, presidente, e dai giudici a latere Giovanna Schipani e Adolfo di Zenzo. «Dalle indagini della Guardia di Finanza – si legge nella sentenza dei giudici del Riesame – si traggono elementi, allo stato non contrastate da convincenti ed esaustive deduzioni della difesa. L’esame della documentazione sequestrata servirà proprio – concludono i giudici – a verificare la fondatezza dell’ipotesi accusatoria».

