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    Cronaca
    25 Novembre 2015
    Salvatore Buzzi parla dal carcere

    ROMA- «Il processo sarà molto lungo e non posso essere delegittimato davanti al tribunale e per tanto non posso non replicare alle affermazioni fuorvianti dell’ufficio del pubblico ministero tese ad inficiare le mie deposizioni». Così ha spiegato Salvatore Buzzi in una dichiarazione spontanea letta in videoconferenza nel corso della quinta udienza del processo a ‘Mafia capitale’. 
    Il cosiddetto ‘ras delle cooperative’ è detenuto in regime di massima sicurezza a Tolmezzo. I difensori hanno ribadito che il loro assistito ha prestato massima collaborazione con gli inquirenti, rispondendo alle domande che gli sono state poste. In videoconferenza dal carcere di Tolmezzo, Salvatore Buzzi, ha chiesto di poter parlare. Cinque minuti di dichiarazioni spontanee in cui ha anche detto: «Dal momento del mio arresto c’è stata una gogna mediatica. Nei 5 interrogatori che ho reso ai pm, ho risposto a tutte le domande svelando cose non conosciute dai magistrati». Non teme l’inizio del processo, anzi: «Non vedo l’ora che inizi istruttoria per dare una mano ad accertare la verità e combattere la corruzione. Il mio più grande auspico è essere giudicato con serenità senza essere pregiudicato nei diritti difensivi prima ancora che inizi il processo». La moglie di Buzzi, seduta in aula, è scoppiata a piangere appena ha iniziato a parlare il presidente della cooperativa «29 giugno». L’intervento è durato meno di 5 minuti e Buzzi leggeva da alcuni foglio e veniva inquadrato in primo piano. Ha spiegato che «nei cinque interrogatori» ha «ricostruito con precisione i vari fenomeni corruttivi svelando cose non conosciute dalla Procura, dichiarazioni confermate poi negli interrogatori di Odevaine e Cerrito e perfettamente aderenti alle intercettazioni telefoniche ambientali». Buzzi ha detto ancora che «per questo motivo, anche per dare sostanza alle mie dichiarazioni, il mio legale ha chiesto l’esame di molti testi, politici, giornalisti, ex detenuti utili a ricostruire le gravi ipotesi di reato». Il presunto braccio destro di Massimo Carminati ha precisto che «nel respingere la mia richiesta di patteggiamento – dice nel suo intervento spontaneo – la Procura ha detto che nel corso dei numerosi interrogatori ho pensato a salvare i miei amici e a lanciare strali contro i nemici, senza dare alcun contributo alle indagini. Tutto ciò non è assolutamente vero: non ho amici dal 2 dicembre 2014. Ho solo precisato le gravi responsabilità imputate alla coop ‘29 giugno’, responsabilità che sono quasi esclusivamente mie». E «dal giorno del mio arresto ho assistito inerme a un linciaggio mediatico della mia persona con violazioni delle immagini».