LADISPOLI – A teatro con la mascherina (anche gli attori) e rispettando la distanza fisica per evitare il contagio? Per il comitato tecnico scientifico che si sta occupando dell’emergenza sanitaria da covid-19 sono queste le misure che bisognerebbe rispettare per poter tornare a fare teatro.

«È una cosa surreale» commenta Gabriele Abis presidente della Sg Project (associazione culturale fondata da Abis -attore diplomato all’accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico – e da Stella Falchi – ballerina diplomata all’accademia nazionale di Danza di Roma – che si occupa di formazione e produzione). Abis, in questi mesi, come tantissimi colleghi ha vissuto e sta vivendo in prima persona le conseguenze della chiusura totale del Paese e di ogni settore, compreso quello dello spettacolo per contrastare il diffondersi del coronavirus.Ancora una data certa sulla riapertura dei teatri non c’è. Ma una cosa appare evidente: utilizzare la mascherina causerebbe non pochi problemi all’arte teatrale. In primis perché andrebbe a coprire il volto rendendo difficile, per gli artisti di portare la voce fino al pubblico. «È già difficile farlo senza la mascherina….» e in secondo luogo perché in questo modo “l’oggetto magico” di ogni spettacolo diventerebbe proprio la mascherina. «Diventerebbe – ha spiegato – l’oggetto unico dello spettacolo». E sebbene alcune rappresentazioni teatrali, o alcuni registi, potrebbero decidere di raccogliere la sfida, va da se che questa “sfida” non potrebbe essere applicata a tutto il mondo teatrale, che in questo modo, si somiglierebbe tutto. Se veramente si vuole ripartire il comitato tecnico scientifico e il Governo dovranno tener conto del parere e dei suggerimenti degli addetti ai lavori. «Senza di loro – ha proseguito Abis – non si può formulare un decreto logico perché se c’è chi dice che a teatro gli attori devono indossare la mascherina allora vuol dire che questo decreto probabilmente lo ha scritto qualcuno che a teatro non c’è mai andato».C’è poi la questione legata ai posti contingentati all’interno dei teatri. Un altro grande problema da gestire. Se si pensa a grandi strutture come il Teatro dell’Opera dove solo l’orchestra va a coprire 100 posti all’interno del teatro, è chiaro che i posti a disposizione del pubblico saranno veramente pochi. Così pochi da non riuscire a coprire i costi di gestione del teatro stesso. Tutti nodi che attendono ancora di essere sciolti. Nel frattempo le compagnie teatrali, in particolar modo quelle più piccole, che si auto-finanziano grazie ai corsi di recitazione offerti, in questo periodo hanno cercato di rimboccarsi le maniche.

«Abbiamo cercato di mantenere la continuità del programma e abbiamo avuto un’ottima risposta».Numerose le iniziative, tra cui vale la pena ricordare quella in collaborazione con ila Uilt Lazio che ha portato all’indizione di un concorso di monologhi teatrali via web «a cui hanno partecipato diverse persone». Un’iniziativa che ha permesso di «esprimere solidarietà a un settore, quello teatrale, che in questo momento sembra dimenticato». Ma nonostante i mezzi tecnologici a disposizione abbiano dato la possibilità di andare avanti, una cosa sembra certa: «Il teatro deve essere fatto dal vivo. Il coinvolgimento del pubblico è un elemento importante e imprescindibile».

