Roma – Nei primi giorni di marzo, quando l’emergenza sanitaria legata al Covid-19 iniziava a entrare nella sua fase più acuta, il 70% degli operatori logistici nei comparti trasporti e magazzinaggio ha bloccato le attività. Nei trenta giorni successivi soltanto l’intermodale del cargo ferroviario ha mantenuto i volumi di merci movimentate invariati, mentre il trasporto a treno completo ha subito una contrazione del 50% rispetto al mese di febbraio, il cargo aereo li ha ridotti di una percentuale compresa fra il 40% e il 50%, la corrieristica e le attività di consegna sono calate fino al 70%. Sono alcuni risultati dell’indagine ‘La logistica nella guerra al virus: le sette nuove direttrici nelle filiere e nel capitale umano’, realizzata dal Randstad Research, il centro di ricerca del Gruppo Randstad dedicato al lavoro del futuro, in collaborazione con Confetra, che ha analizzato l’impatto del Covid-19 sulla logistica e ha individuato le sette trasformazioni alle quali è chiamato il settore per ripartire dopo l’emergenza.
Nonostante il duro impatto del virus, il settore ha retto e sia gli operatori sia le aziende clienti sperano in una ripresa veloce. Prima di ripartire, però, la logistica deve imparare a convivere con il virus e con i maggiori costi di produzione, transazione e acquisto che deriveranno dai nuovi presidi di sicurezza richiesti (dal distanziamento alle protezioni), dalla revisione e dal probabile rallentamento dei processi, dall’interruzione delle filiere e dai diversi tempi di risoluzione della crisi nei vari paesi che impediscono di ottimizzare i carichi di andata e ritorno, con il moltiplicarsi di ‘corse a vuoto’.
La prima sfida per una solida ripartenza sarà puntare sulla qualità del capitale umano: serve un piano per attrarre competenze dall’estero e colmare il gap di competenze digitali attraverso la formazione continua. Ma è l’intero settore che dovrà trasformarsi, dotandosi di nuovi protocolli di lavoro e nuove norme di sicurezza, diversificando fonti e canali di approvvigionamento, aumentando trasparenza, controllo e sinergie per assicurare e salvaguardare le filiere, accumulando riserve di materiali strategici, rafforzando l’impiego di tecnologie digitali e innovative, migliorando la sostenibilità delle attività logistiche.
“Il Coronavirus – afferma Daniele Fano, coordinatore del Comitato Scientifico del Randstad Research – avrà un impatto prolungato sulla logistica, operatori e aziende della filiera dovranno imparare a conviverci, a sopportarne i costi e a rinnovarsi. Potrebbero ampliarsi i differenziali all’interno del settore e, sebbene il ruolo dei giganti dominanti rischi di crescere ancora, ci sarà spazio per le aziende minori che sapranno cogliere il segno del cambiamento”.
“Proprio per questo gli investimenti in capitale umano, accanto a quelli nel digitale, nella nuova mobilità e nel marketing, svolgeranno un ruolo chiave. Fondamentale, in prospettiva, sarà il ruolo delle politiche attive del lavoro e dell’istruzione per attirare cervelli, mobilitare la formazione continua, risolvere
il problema dei troppi lavoratori con competenze inadeguate al mercato del lavoro”, aggiunge.
Da un sondaggio condotto su un campione di circa 100 fornitori logistici, emerge che la difficoltà nel reperire dispositivi di protezione individuale, come mascherine e guanti (indicata dal 45% del campione), e il mancato bilanciamento dei carichi, con conseguenti viaggi in perdita, e la chiusura dei magazzini di destinazione delle merci (indicati dal 30% degli intervistati), sono stati principali ostacoli alle attività logistiche durante la pandemia. Per gli spedizionieri, invece, gli aspetti più problematici sono stati l’incertezza dei tempi di percorrenza, la congestione e i blocchi alle frontiere e la crisi di liquidità legata ai crediti insoluti.
Nel primo mese dell’emergenza, per quanto riguarda il cargo ferroviario, l’intermodale è l’unico comparto ad aver mantenuto i volumi invariati, mentre il trasporto convenzionale a treno completo ha registrato un -50% di merce movimentata. Il cargo aereo ha ridotto i volumi del 40-50% e l’attività corrieristica e di consegna ultimo miglio si è contratta fino al 70%. Per quanto riguarda, invece, i terminal portuali, nel Nord Adriatico la movimentazione di contenitori è calata del 20% e del 10-15% nel Tirreno Centro Settentrionale. Buona parte di questi volumi, però, erano in giacenza: il rallentamento produce nel settore effetti ritardati provocati dai lunghi tempi di percorrenza dei vettori marittimi che si stima possano arrivare fino al -20/30%.
Randstad Research ha poi analizzato il segmento delle aziende clienti, interrogando otto imprese, delle quali una ha subito un blocco totale dell’attività, tre un blocco parziale, una ha operato in condizioni di stabilità e due hanno beneficiato di una espansione. Le maggiori difficoltà sono emerse nella filiera nazionale (punteggio 3 in una scala da 1 a 5), quelle minori nell’’ultimo miglio’ (punteggio 2), mentre la filiera internazionale e quella locale si collocano a livello intermedio (punteggio 2,5). I problemi sollevati sono soprattutto di fluidità: mezzi bloccati alle frontiere, difficoltà ad ottenere i pass, problemi per coprire ‘l’ultimo miglio’.

