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    Cronaca
    18 Gennaio 2021
    L’annosa querelle a colpi di denunce tra l’artigiano, accusato di stalking e diffamazione, e i parenti dell’Onorevole coinvolge anche l’ex assessore Dionisi, iscritto per calunnia e molestia
    Veleni a Tolfa tra Vannicola e la famiglia Battilocchio, anche tre carabinieri tra gli indagati
    Il pm ipotizza falso ideologico e favoreggiamento per i militari dell’Arma che avevano chiesto il carcere per l’uomo, coinvolto anche nel caso Vannini

    CIVITAVECCHIA – Anni di veleni, denunce e controdenunce che ogni tanto tornano a caratterizzare la cronaca di Tolfa stavolta hanno finito per coinvolgere addirittura la stazione dei Carabinieri, con 3 militari dell’Arma finiti sotto inchiesta per falso ideologico e favoreggiamento, oltre a tutti i querelanti.

    Si è partiti da una denuncia per diffamazione, arrivando allo stalking. E si è arrivati a tre fascicoli aperti in procura.

    I fatti si riferiscono allo scorso anno.

    Da una parte l’artigiano tolfetano Davide Vannicola. il cui nome balzò agli onori della cronaca prima nell’inchiesta “Coop&Appalti” per la fuga di notizie relativi ad alcuni brogliacci della Guardia di Finanza (in cui fu prosciolto da ogni accusa) e più recentemente per la testimonianza nella vicenda dell’omicidio di Marco Vannini.

    Dall’altra una delle famiglie più conosciute di Tolfa: quella del deputato di Forza Italia ed ex sindaco del paese Alessandro Battilocchio.

    Lo scorso 20 agosto Vannicola scrisse su Facebook un post in cui sosteneva di essere stato minacciato con una frase urlata da un’auto su cui transitava Cristiano Dionisi, ex assessore alla Cultura del comune di Tolfa, nonché tra i rappresentanti di Forza Italia a Civitavecchia fino all’inizio dello scorso anno, quando lasciò ogni ruolo attivo nell’agone politico per assumere l’incarico di presidente della sede di Unindustria di largo Plebiscito a Civitavecchia. Il cognato dell’onorevole Battilocchio era insieme al suocero e al figlio di 4 anni.

    Secondo Vannicola, che poi sul fatto ha presentato anche lui una denuncia ai Carabinieri sarebbe stata urlata nei suoi confronti la frase “La morte è vicina”. Subito dopo quel post, in cui c’era un riferimento anche al bambino, i primi a recarsi dai Carabinieri per sporgere denuncia nei confronti di Vannicola e di chi aveva condiviso il suo post furono proprio Dionisi e alcuni componenti della famiglia Battilocchio, per diffamazione e stalking.

    Poi, come detto, Vannicola, a sua volta sentitosi minacciato, il giorno successivo presentò anche lui una denuncia.

    I Carabinieri nel relazionare alla Procura della Repubblica presero le parti dei Battilocchio, ricostruendo, dal profilo facebook di Vannicola, quella che venne definita come “morbosa ossessione” di Vannicola per i componenti della famiglia Battilocchio. Una ossessione pericolosa, secondo i Carabinieri, al punto da richiedere al magistrato addirittura la custodia cautelare in carcere per lo stesso Vannicola.

    Una relazione che però evidentemente non solo non ha convinto, ma anche insospettito il pm titolare dell’indagine, il sostituto procuratore Alessandro Gentile, che trovandosi nel fascicolo le querele di entrambe le parti, sintetizzate nell’informativa dei Carabinieri, ha voluto approfondire le indagini, chiamando a rispondere del loro operato anche i militari coinvolti ed ipotizzando una loro condotta scorretta, per favorire Dionisi e i membri della famiglia Battilocchio coinvolti nello scambio di denunce con Vannicola.

    A fine ottobre il dottor Gentile ha ritenuto di acquisire i tabulati telefonici dei Carabinieri in servizio alla stazione di Tolfa per verificare se ci fossero stati contatti più o meno frequenti tra gli indagati e i militari in quel periodo, stralciando dal fascicolo a carico di Vannicola (indagato per diffamazione) le posizioni degli altri querelanti e degli stessi carabinieri e aprendo così altri due distinti fascicoli rispettivamente a carico di Dionisi e del suocero con l’ipotesi di calunnia e molestia nei confronti di Vannicola e nei confronti di tre carabinieri della stazione di Tolfa per l’ipotesi di falso ideologico e favoreggiamento.

    Si attende ora di conoscere l’esito delle indagini preliminari e quali saranno le richieste del pm per i vari fascicoli aperti dopo questo ennesimo episodio di veleni in collina a colpi di carta bollata e che stavolta ha finito per coinvolgere anche una delle principali istituzioni del paese, che è la stazione dei Carabinieri.

    ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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