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    Cronaca
    2 Marzo 2021
    L’inchiesta per la vendita alla Etm dei pezzi di ricambio dei bus a prezzi gonfiati
    Romagnuolo davanti al Gip per corruzione
    Dopo dieci anni si tiene oggi l’udienza preliminare: il Procuratore Vardaro ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex amministratore e altre 5 persone

    CIVITAVECCHIA – Corruzione. E’ questa l’ipotesi di reato con cui oggi – a distanza di circa 10 anni dai fatti – arriva davanti al Gup Giuseppe Coniglio l’indagine sui pezzi di ricambio per gli autobus di Etm acquistati a prezzi gonfiati da una società creata ad hoc e che vede tra gli imputati l’ex amministratore della partecipata Alessio Romagnuolo, elemento di spicco di Forza Italia, di cui ancora oggi è uno degli esponenti più influenti a livello locale, visto che insieme alla moglie, la presidente del consiglio comunale Emanuela Mari, ha preso da tempo il timone del partito, contribuendo a definirne la linea e le scelte più importanti insieme al coordinatore Roberto D’Ottavio, dal quale è sempre stato molto ascoltato.

    Lo scorso anno il capo della Procura dottor Andrea Vardaro chiese il rinvio a giudizio per Alessio Romagnuolo, (che fino all’anno scorso a Civitavecchia è stato difeso dall’avvocato Ernesto Tedesco, che poi ha dovuto rinunciare all’incarico dopo essere diventato Sindaco, essendo il Comune di Civitavecchia parte lesa) e altre cinque persone: l’attuale dirigente di Csp Paolo Iarlori (il cui nome figura nel fascicolo tra i destinatari della richiesta di rinvio a giudizio, ma non nel capo di imputazione, né negli atti stessi dell’indagine, se non come persona informata sui fatti, al punto che pare lecito pensare che si possa essere trattato di un errore di trascrizione, ndr), il capo officina di Etm Franco Pappalardo, i rappresentanti della Multiservice e poi Servizi Impresa srl, Barbara Fiorucci, convivente dell’allora consigliere comunale del Pdl Alessio Smeraglia (che non è indagato), e il suo collaboratore e socio Sante Cani.

    E’ infine imputata una sesta persona, di Roma, per un’altra vicenda finita sotto la lente della Procura, per una presunta truffa ai danni di Telecom Italia e della ditta Mtt per la vendita di un sistema di fermate intelligenti e controllo dei percorsi dei bus.

    In origine l’inchiesta venne coordinata dal pm Margherita Pinto. I successivi trasferimenti di diversi magistrati hanno fatto sì che siano trascorsi circa 9 anni dai fatti, prima di arrivare alla richiesta di rinvio a giudizio e, oggi, all’udienza preliminare.

    Questo filone di indagine riguardava i pezzi di ricambio, i cui prezzi sarebbero stati gonfiati per trarre vantaggi consistenti. Secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza, la ditta Multiservice, che aveva come clienti solo le partecipate del Comune, Etm ed Etruria Servizi, poi anche Città Pulita e Hcs, avrebbe fatturato a queste società circa 80.000 euro tra il 2010 e il 2011. I pezzi di ricambio venivano acquistati da un’unica ditta (in precedenza fornitore diretto di Etm), per poi rivenderli alle società comunali con un ricarico medio tra il 110% e il 125%.

    Nel 2011 alla ditta individuale di Barbara Fiorucci subentrò o si aggiunse la Servizi Impresa srl, al 99% della stessa Fiorucci, con l’1% di Santo Cani. Anch’essa ha effettuato operazioni quasi solo con Etm, Città Pulita e Hcs, raddoppiando i prezzi, rispetto al costo di acquisto dei pezzi di ricambio.

    All’epoca la Guardia di Finanza durante le perquisizioni effettuate sia presso la sede di Etm che presso le abitazioni degli indagati, rinvenne a casa di Santo Cani, collaboratore e socio di minoranza di Barbara Fiorucci, una serie di appunti da cui le fiamme gialle ricostruirono una vera e propria contabilità parallela rispetto a quella ufficiale della Servizi Impresa srl e della Multiservice.

    Risultarono infatti uscite che non trovarono riscontro nei libri contabili ufficiali, con importi annotati accanto ai nomi di tali Alessio, Franco e un generico “amico”.

    Secondo i finanzieri si trattava di pagamenti in nero, per importi di alcune migliaia di euro, associati ai nomi appuntati accanto a ciascuna cifra.

    I carabineri della stazione di Civitavecchia, comandati dal luogotenente Giuliano Mangoni, pervennero alla “ragionevole conclusione” che l’Alessio citato negli appunti di Cani potesse essere Romagnuolo, visto che l’amministratore unico di Etm si occupava dei pagamenti, condotti in via esclusiva, alla ditta di Barbara Fiorucci e poi alla Servizi Impresa srl amministrata dalla stessa. Allo stesso modo il “Franco” sarebbe stato identificato in Franco Pappalardo che come capo officina avrebbe segnalato i pezzi di ricambio di acquistare, preferibilmente “su incarico dell’amministratore unico Romagnuolo”, come riportato dai militari nella loro relazione al pm, dalla Multiservice di Barbara Fiorucci e poi alla Servizi Impresa srl.

    In seguito, Barbara Fiorucci dichiarò ai Carabinieri di essere sostanzialmente estranea alla gestione delle società, indicando, secondo quanto scritto dal pm di allora, il sostituto procuratore Margherita Pinto, in Santo Cani il dominus delle aziende a lei intestate e come soggetto impostole, tramite il convivente Alessio Smeraglia, proprio da Romagnuolo.

    Successivamente, sentito dal pm, Smeraglia – che non è mai stato indagato per questa vicenda – prese atto delle dichiarazioni della compagna circa il fatto che Romagnuolo “aveva voluto la società con Cani imponendola a me per ragioni legate al mio ruolo di consigliere comunale”.

    “Non c’è stato alcun ricatto – dichiarò Smeraglia al magistrato – da parte di Romagnuolo nei miei confronti. C’è stata una chiacchierata tra amici in cui si ipotizzava la possibilità di creare uno sfogo commerciale con il collegamento del suo ruolo nell’ex Etm. Credo che Cani e Romagnuolo già si conoscessero. Io inizialmente avevo dei dubbi. Inoltre non sarebbe stata una fonte di reddito che ci cambiava la vita. Tutti i rapporti con clienti e fornitori erano demandati a Cani. Barbara era amministratore sulla carta. Non so cosa ci guadagnasse Romagnuolo da questa attività che lui aveva suggerito. So che Barbara mi raccontava che i soldi incassati per le forniture andavano nelle mani di Cani, mensilmente, nella misura di 1000 euro in contanti. Quando è stata fatta la società si sono posti problemi per consegnare a Cani somme di denaro”.

    Lo scopo, secondo il magistrato, era quello di creare una società ad hoc al fine di acquisire indebitamente denaro pubblico attraverso la fornitura fittizia di pezzi di ricambio per i mezzi delle Sot comunali.

    La richiesta di rinvio a giudizio per Alessio Romagnuolo, Barbara Fiorucci, Santo Cani e Franco Pappalardo è stata formalizzata a luglio scorso dal Capo della Procura di Civitavecchia Andrea Vardaro per presunta corruzione.

    Secondo l’accusa, Romagnuolo come amministratore unico di Etm, e Pappalardo come capo officina, avrebbero ricevuto dalla Fiorucci e da Cani somme di denaro per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, consistenti nel favorire la ditta Multiservice e poi Servizi Impresa, instaurando con essa un rapporto esclusivo in violazione delle procedure di evidenza pubblica per le forniture dei pezzi di ricambio per i mezzi della municipalizzata, senza alcun controllo né sui prezzi praticati, né sull’effettiva consegna dei pezzi stessi.

    Il Gup dottor Coniglio deciderà se rinviare a giudizio o meno i 6 imputati. In ogni caso, visto il tempo trascorso dai fatti, interverrà la prescrizione dei reati ipotizzati.

    Il dirigente di Csp Paolo Iarlori ha già dichiarato di essere pronto a rinunciare alla prescrizione, per dimostrare che la sua “iscrizione tra gli imputati è stata dovuta a un mero errore materiale” (per cui il suo legale Giovanni Spanu, potrebbe eccepire la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, ndr).

    Lo scorso anno Alessio Romagnuolo dichiarò a un quotidiano di avere piena fiducia nella giustizia e nell’operato della magistratura. Vedremo se vorrà avvalersi della facoltà di rinunciare anche lui alla prescrizione, per far sì che non rimangano dubbi di nessun genere sulla propria condotta. C’è da ricordare che quello dei pezzi di ricambio è solo uno dei filoni di indagine sui mesi in cui Romagnuolo fu a capo di Etm, che poi divenne Argo.

    L’ex assessore venne indagato per le spese con la carta di credito aziendale: a Civitavecchia la Procura archiviò il fascicolo, mentre a Roma (dove il caso approdò per alcuni addebiti che erano avvenuti nella Capitale) Romagnuolo fu rinviato a giudizio e poi condannato in primo grado per peculato. Anche in questo caso probabilmente sarà la prescrizione a chiudere la vicenda, dopo il ricorso in Appello.