Don Ivan Leto*
Il Vangelo di Matteo si conclude con l’incontro finale tra il Maestro e i suoi discepoli, avviene in un luogo molto significativo: in Galilea, là dove egli aveva iniziato la sua missione, e su un monte, di cui non conosciamo il nome, che ricorda il Sinai, dove Dio aveva radunato il suo popolo Israele. Si tratta di un momento chiave nel Vangelo. I discepoli, uomini di poca fede che per paura, codardia e insicurezza avevano abbandonato Gesù nel momento della passione, ora cadono ai suoi piedi. Il testo dice che nel vederlo “si prostrarono”. Questo gesto di riconoscimento e adorazione ci rimanda al “figlio dell’uomo”, personaggio simbolico caratteristico nel libero di Daniele: “Gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai, e il suo regno non sarà mai distrutto” (Dn 7,14). Il Nuovo Testamento contempla la realizzazione di questa figura in Gesù di Nazareth. “Andate e fate discepoli” è il mandato missionario che Gesù consegna alla sua Chiesa. Adesso la missione si estende a tutti i popoli della terra, e non solo a Israele. Non c’è dunque né privilegio né esclusione: la missione è universale. Due sono le attività fondamentali di questo mandato: battezzare e insegnare il messaggio di Gesù. Battezzare comportava l’immersione nell’acqua che gli antichi praticavano come segno religioso. Tuttavia, si tratta di battezzare “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, cioè nel nome di Dio, così come Gesù ce lo ha rivelato. Insegnare, in altre parole, è imprimere uno stile di vita basato sulla buona notizia che è il Vangelo. Le ultime parole di Gesù: “ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” lo presentano come l’Emmanuele, il Dio con noi già annunciato dai profeti.
Don Ivan Leto*
Parroco di San Gordiano
Diocesi Civitavecchia – Tarquinia


