Don Ivan Leto*
Il Vangelo di oggi presenta una scena impressionante, ricordo di una notte altrettanto impressionante. Dopo un lungo insegnamento per mezzo di parabole, segue un’azione prodigiosa (Mc 4,35-41): Gesù placa la tempesta del lago di Gennesaret, quello che gli ebrei chiamano mare. Il mare era considerato dai popoli semiti come una forza indomita, terribile, caotica. Tanta era la paura che infondeva, da nominarlo e descriverlo come un mostro divoratore di navi e di vite. Solo il Signore può dominarlo. Solo egli lo riduce con vigore ai suoi limiti, solo lui lo rimprovera come un ribelle, solo lui solleva le tempeste e le calma secondo la sua volontà. Situato su questo sfondo biblico, il gesto di Gesù acquista un profondo significato teologico. Oltre il mare, abbiamo come attori i discepoli. Scossi dalla paura davanti alle forti onde che scuotevano la barca, chiedono a Gesù che faccia qualcosa, perché confidano nel suo potere per calmare la tempesta. Infine, il terzo attore è Gesù, che domina tutta la scena e che appare come avversario del mare personificato. Si noti che Gesù si rivolge al mare come se fosse una persona: “Taci, calmati!” (v.39). E il mare gli obbedisce. Ai discepoli Gesù rimprovera la loro codardia, poiché li vuole perfetti nella fede. Vuole che si convincano che la barca sulla quale sta lui non può naufragare, neanche quando è scossa da tempeste violente. Stupiti, si fanno una domanda che presuppone già la risposta (v.41)
*Don Ivan Leto
Parroco di San Gordiano
Diocesi Civitavecchia – Tarquinia


