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    Salute
    29 Novembre 2021
    Inquinamento e cuore, tutti i fattori di rischio

    MARCO DI GENNARO

    CIVITAVECCHIA – L’inquinamento è un importante fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardiovascolari. Nonostante ciò, la riduzione dell’inquinamento non ha ricevuto adeguata attenzione nell’ambito dei programmi di controllo delle malattie cardiovascolari ed è sostanzialmente assente nelle linee guida sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari che incentrano fondamentalmente la loro attenzione su comportamenti individuali e fattori di rischio metabolici.

    In un articolo pubblicato il 10 novembre sul New England Journal of Medicine l’autore passa in rassegna la stretta relazione tra inquinamento e cuore suggerendo anche strategie basate sull’evidenza per la prevenzione delle malattie ad esso correlate .

    L’inquinamento dell’aria costituisce la più importante causa di malattia correlata all’inquinamento anche perché ad esso siamo costantemente sottoposti e si stima possa determinare sino a 12 milioni di decessi/anno. E’ costituito da una complessa miscela la cui concentrazione e composizione varia a seconda del tempo e del luogo ed è significativamente influenzato dalle condizioni metereologiche.

    Polveri, inquinanti gassosi come gli ossidi di azoto, anidride solforosa e monossido di carbonio unitamente ad ozono ed altre componenti quali benzene, toluene, xylene ed altri sono tra i componenti principali dell’inquinamento dell’aria che ha una componente ambientale ed una componente casalinga , quest’ultima particolarmente importante nei paesi più poveri a causa dell’utilizzo di combustibili fossili.

    Le polveri sottili , quelle fini (< 2.5 millimicron ) ed ultrafini ( <0.1 millimocron ) in particolare, svolgono un ruolo determinante nei danni provocati dall’inquinamento dell’aria. Fattori biologici quali l’età avanzata, pregresse cardiopatie, malattie polmonari e immunosoppressione nonché fattori sociali quali povertà e disuguaglianza possono aumentare la suscettibilità di una persona agli inquinanti atmosferici .

    Vari studi hanno dimostrato che l’esposizione al PM2.5 , sia nel breve che nel lungo termine, è associata ad un aumento del rischio di infarto cardiaco, ictus cerebrale e morte cardiovascolare, ad un peggioramento dello scompenso cardiaco ed ad un aumentato rischio di fibrillazione atriale ed aritmie ventricolari.

    Una stretta correlazione si è riscontrata anche tra inquinamento da PM 2.5 ed insorgenza di ipertensione arteriosa e diabete mellito importanti fattori di rischio cardiovascolare . Questi effetti dannosi unitamente ad una predisposizione ad una accentuata aterosclerosi, ipertrofia ventricolare sinistra e progressione della malattia renale cronica si riscontrano anche a concentrazioni sotto i 5 microgrammi per millimetro cubo ben inferiori agli attuali limiti consentiti.

    Anche metalli quali piombo, mercurio ,arsenico e cadmio possono determinare oltre che tumori, disturbi cognitivi e malattie renali anche importanti effetti sull’apparato cardiovascolare.

    Piombo

    Il piombo si stima sia responsabile di circa 900.000 mila morti/anno globalmente , 21.000 dei quali negli Stati Uniti con il 75% delle quali dovuto a cause cardiovascolari. Esso rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di ipertensione arteriosa ed il suo effetto negativo sembra manifestarsi a livelli molto più bassi di quanto ritenuto in precedenza.

    Mercurio

    Per quanto concerne il mercurio, le principali fonti di inquinamento sono la combustione del carbone e la produzione artigianale di oro. Il carbone contiene mercurio che vaporizza durante la combustione, entra nell’atmosfera e precipita nei laghi, nei fiumi , nel mare.
    Nelle acque il mercurio metallico ed inorganico viene trasformato nel molto tossico metilmercurio. Negli ambienti acquatici il metilmercurio si accumula nella catena alimentare e raggiunge alti livelli nelle specie predatrici, come il tonno, che vengono consumate dagli esseri umani. Gli eventi neurotossici dell’inquinamento ambientale del metilmercurio sono noti da tempo ma recentemente si è evidenziato un aumentato rischio dose dipendente di morte per malattie cardiovascolari e di infarto miocardico.

    Arsenico

    La presenza di arsenico nell’acqua potabile è la principale fonte di esposizione ai dannosi effetti dell’arsenico sulla salute umana. Una evidente correlazione dose dipendente è stata evidenziata tra esposizione all’arsenico e malattia coronarica, arteriopatia periferica e diabete di tipo 2. Il meccanismo di questa accelerato sviluppo di aterosclerosi sembra dovuto a fenomeni infiammatori che danneggiano i tessuti. Una riduzione della mortalità da malattie cardiovascolari dopo riduzione dell’ assunzione di arsenico è una chiara conferma degli effetti nocivi di questa sostanza .

    Cadmio

    Il fumo di tabacco, l’esposizione nei luoghi di lavoro ed il consumo di vegetali e tuberi coltivati in suoli contaminati sono le principali fonti di esposizione al cadmio. Studi epidemiologi hanno dimostrato un aumentato rischio di coronaropatie, arteriopatia periferica, ictus ed una aumentata mortalità per malattie cardiovascolari nella popolazione esposta probabilmente a causa dell’effetto aterogenetico del cadmio anche a concentrazioni molto basse.

    Inquinanti chimici

    Tre classi di inquinanti chimici di produzione industriale sono stati implicati nel determinismo dell’aumentato rischio di malattie cardiovascolari. Gli idrocarburi alogenati, le sostanze perfluoro alchiliche e le sostanze chimiche derivate dalla plastica.

    Gli idrocarburi alogenati quali diossina e pesticidi organocloridici si accumulano e persistono a lungo negli organismi viventi e nell’ambiente e, sebbene oggi vietati, sono tuttavia ancora presenti ed il consumo di carne e pesce contaminati rappresenta la maggiore fonte di esposizione. La loro assunzione è associata allo sviluppo di dislipidemia, resistenza insulinica ed obesità.

    Anche le sostanze perfluoroalchiliche presenti ad esempio nelle schiume anti incendio, ancorchè vietate, continuano ad essere parzialmente prodotte e sono associate allo sviluppo di obesità e diabete di tipo 2.

    Bisfenoli e ftalati, sostanze chimiche derivate dalla plastica, presenti nei prodotti di igiene personale, conservanti alimentari, prodotti farmaceutici, sono definiti “distruttori endocrini “ perché capaci di alterare i recettori ormonali, e quindi la funzionalità ormonale, presenti nell’organismo . Entrambe queste sostanze sono associate ad obesità e diabete tipo 2.
    I meccanismi alla base degli effetti tossici degli inquinanti sul sistema cardiovascolare sono molti e complessi. Per quanto concerne gli inquinanti atmosferici ed il piombo questi meccanismi sono ben delineati ma per altri metalli e sostanze chimiche tali meccanismi sono poco conosciuti.

    I primi effetti si manifestano nel sito di esposizione iniziale ed includono processi infiammatori, stress ossidativi, alterazioni vascolari e del sistema autonomico. Lo sviluppo di fattori di rischio cardiovascolare quali ipertensione e diabete tipo 2 avviene in una fase successiva ed è responsabile degli eventi finali quali morte , sindromi coronariche, ictus, scompenso cardiaco, aritmie cardiache.

    Secondo l’autore il primo passo per la prevenzione delle malattie cardiovascolari da inquinamento è introdurre il problema del’inquinamento nei programmi di prevenzione sanitaria, nell’educazione medica e nella pratica clinica e riconoscere che l’inquinamento è un importante e potenzialmente prevenibile fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Da ciò deriverebbero comportamenti individuali appropriati come evitare attività fisica nei giorni di grave inquinamento, riduzione delle pericolose esposizioni occupazionali , riduzione delle eventuali fonti di inquinamento casalingo.

    Tutto questo non sarebbe risolutivo se non accompagnato da un controllo su larga scala dell’inquinamento e delle sue fonti possibile solo con una transizione supportata dal governo che porti all’abbandono dei combustibili fossili ed all’utilizzo di energia da fonti rinnovabili non inquinanti.

    Ciò, nell’auspicio dell’autore ( e di tutti noi) porterebbe non solo ad una riduzione delle malattie cardiovascolari e delle morti ad esse correlate ma anche ad un rallentamento del cambiamento climatico e , quindi, ad un beneficio per tutta l’umanità.