CIVITAVECCHIA – Accelerare il processo per ridurre la dipendenza italiana dal gas russo: nel giorno in cui Putin sferrava il suo attacco all’Ucraina, il Governo si è riunito più volte nel corso della giornata di ieri in tutti i formati anti-crisi per affrontare quello che oggi è il problema numero uno.
La guerra, spiegava già ieri una fonte di Governo, «cambia lo scenario» e visto che «non sarà una cosa breve» bisogna attrezzarsi fin da subito, studiando tutte le opzioni utili, da un lato per spingere al massimo le rinnovabili, nel medio periodo e nell’immediato per aumentare il più possibile la produzione di gas, guardando al Tap e non escludendo neppure, se fosse il caso, un maggiore ricorso al carbone, ed evitare di rimanere spiazzati se si avverasse lo scenario peggiore, quello di uno stop delle forniture da parte di Mosca.
Oggi la conferma di una possibilità che fa tremare il territorio: «Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato», ha detto infatti premier, Mario Draghi, nell’informativa urgente alla Camera sulla crisi Ucraina e le possibili conseguenze delle sanzioni alla Russia.
Un fulmine a ciel sereno nel momento in cui l’Italia ha deciso di eliminare il carbone come fonte energetica entro il 2025, nell’ambito della lotta al cambiamento climatico e ha progressivamente ridotto la sua produzione. Le centrali a oggi sono sette: a La Spezia, a Fusina, nel comune di Venezia, Torrevaldaliga Nord, nel comune di Civitavecchia, un impianto a Brindisi e uno a Portoscuso, nella provincia del Sulcis in Sardegna, tutte gestite dall’Enel. A Monfalcone, in provincia di Gorizia, c’è una centrale di A2a, mentre a Fiume Santo, vicino Porto Torres, l’impianto è gestito da Ep produzione.
Nel corso del Consiglio dei ministri si è affrontato a lungo il tema della crisi energetica, con il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani che ha fatto una sua informativa insieme ai colleghi degli Esteri Luigi Di Maio e della Difesa Lorenzo Guerini. La necessità è proprio quella di garantire agli italiani che il Paese non si rimarrà «al buio» a causa di eventuali ritorsioni russe. Cingolani ha partecipato anche al comitato politico strategico chiamato proprio alla gestione delle crisi, anche se la sua figura non sarebbe prevista di norma. Segno che il gas è il problema numero uno.
Alcune decisioni potrebbero anche non avere bisogno di norme, ad esempio se si decidesse di aumentare la produzione da fossili nelle centrali ancora attive di Civitavecchia o Brindisi. Diverso il discorso se si volesse ricorrere anche a impianti fermati dal processo di decarbonizzazione. Ma l’obiettivo del governo è senz’altro anche quello di spingere le produzioni da rinnovabili, andando oltre le misure già approvate la scorsa settimana con il decreto contro il caro-bollette.

