Guerra in Ucraina, pronto il primo bus carico di beni da tutto il territorio
Cronaca
2 Marzo 2022
Ieri gran lavoro per preparare tutta la merce da spedire
Guerra in Ucraina, pronto il primo bus carico di beni da tutto il territorio

TARQUINIA – Le mani hanno lavorato ore e ore, a gran velocità, per preparare tutti i pacchi con i beni donati dai cittadini del territorio. Beni che nelle prossime ore, con un bus di fiducia, raggiungeranno l’Ucraina. Il pullman dovrebbe arrivare, se tutto va bene, a Ternopil e Zbarazh e da lì i pacchi saranno poi presi in carico da varie associazioni e smistati nelle località dell’Ucraina che avranno maggior bisogno. Coperte, medicinali, cibi in scatola; una quantità enorme di beni di prima necessità donati per aiutare chi si difende da bombe e missili.

Mani di donne, quelle delle ucraine di Tarquinia, abituate al lavoro da sempre, ma che in queste ore si sono attivate animate da una, ancora più forte, motivazione: aiutare soldati, amici e parenti a resistere.

Mani operose, ma cuori afflitti per le sorti, in taluni casi sconosciute, dei propri cari sparsi in diverse zone dell’Ucraina, da giorni ormai sotto assedio da parte della Russia di Putin. Per le donne ucraine impossibile trattenere le lacrime mentre cercano di spiegare il lavoro di stoccaggio dei beni.

C’è chi non mangia da giorni, chi non riesce a dormire. Eppure, nel giro di poche ore, hanno attivato una macchina di aiuti con beni di prima necessità dalle dimensioni inaspettate. Al loro fianco, le braccia instancabili del presidente dell’Aeopc Alessandro Sacripanti, i volontari della Misericordia di Montalto, ma anche tante mamme tarquiniesi pronte a rimboccarsi le maniche per aiutare le amiche ucraine e le loro famiglie.

Ieri sera gran lavoro all’interno del capannone dei volontari Aeopc messo a disposizione per stoccare i pacchi arrivati da ogni dove.

Anche presso la Primigi di Civitavecchia è stato allestito un punto di raccolta che ha accumulato quantità notevoli di beni, idem a Montalto. Prezioso il contributo di Cyclebend di Tarquinia, punto di raccolta dei beni ma anche centro operativo di molte attività. Importanti gli aiuti anche da parte dell’istituto scolastico Cardarelli di Tarquinia e Tuscania e da Capalbio e Canino. Fondamentale il contributo delle farmacie di Montalto, Tarquinia e Civitavecchia, le quali hanno fornito materiale medico che sarebbe stato impossibile reperire. La Valfrutta, giunta da Albinia, ha consegnato un carico di legumi.

Nei pacchi anche tante lettere con messaggi di solidarietà, vicinanza e di decisa condanna della guerra.

E’ stata Natasha, ucraina, da 21 anni residente a Tarquinia, ad organizzare tutto in breve tempo. Ha tanti famigliari

nel Paese assediato dai russi, che risiedono in una zona al momento ancora sicura, ma lei quando parla non può trattenere le lacrime. Ha dei cugini che non ha potuto sentire: «Credo – racconta – che siano andati in guerra». Attraverso i social Natasha ha lanciato un grido di aiuto e grazie a Silvia, Katiuscia e Anna Claudia, del posto, è riuscita a far fronte alla grande risposta di solidarietà. Ora, con il primo carico completato, il lavoro delle donne ucraine di Tarquinia non si fermerà qui: «Finché sarà possibile attivare scambi, continueremo ad inviare viveri e altro», dicono con grande speranza.

Ma non solo. Si comincia a pensare anche all’ipotesi di un’eventuale accoglienza di profughi. In queste ore è già atteso l’arrivo a Tarquinia di una donna con un bambino di due anni e mezzo: «Una donna che è riuscita a fuggire in macchina e sta arrivando. – raccontano – A Montalto, ieri mattina, inoltre è arrivata una bambina con la sua mamma, ospiti in casa di una dottoressa. La signora ha comprato loro tanti vestiti nuovi”. La volontà di accogliere profughi si allarga. «Ci sono arrivate disponibilità anche da Canino», raccontano.

Ieri, intanto, il sindaco di Tarquinia Alessandro Giulivi ha avuto un incontro in Prefettura per pianificare eventuali situazioni di emergenza.

 

Ecco le diverse storie di chi vive da tanti anni a Tarquinia ma con il cuore in un Paese dove missili e bombe minacciano la vita di parenti e amici

La rabbia e la paura delle donne ucraine: «Da Putin solo falsità contro l’Europa»

TARQUINIA – Le storie delle donne ucraine che vivono a Tarquinia sono le più diverse. C’è chi ha i famigliari ancora al sicuro e chi invece li sa nel cuore dei bombardamenti; chi è riuscita a sentire i propri cari e chi ancora non ha notizie di loro.

La rabbia e la paura dominano i loro racconti.

«Io ho parenti a Sumy – racconta Natasha – a circa 450 chilometri da Kiev, nel versante Russo, ma noi non vogliamo la guerra. Ho una figlia di 23 anni lì, ha compiuto gli anni proprio il 24 febbraio, nel giorno dell’inizio della guerra. La città per ora è ancora al sicuro: girano carri armati ma non ci sono ancora attacchi; la città però è completamente circondata. La gente è bloccata lì; non si può entrare e non si può uscire. Ancora hanno viveri, e se di giorno suonano le sirene tutti scendono nei sotterranei, nei garage per mettersi al riparo; e di notte dormono lì sotto. Noi non ascoltiamo niente di quello che dice Putin, per lui riserviamo solo brutte parole. Le stesso cose le pensano anche la gran parte dei russi».

«Io vivo a Tarquinia da tanti anni – racconta Vira – mio marito e mio figlio si trovano in una città a circa 600 chilometri da Kiev. Sono molto preoccupata perché potrebbero arrivare anche lì; io piango giorno e notte. Mia figlia ha una casa a Kiev ma fortunatamente non vive lì, abita in Bielorussia, a Minsk, perché è sposata con un ragazzo bielorusso, ed anche loro dicono no alla guerra».

Nadia è una ragazza che vive e lavora da 20 anni a Tarquinia. I suoi famigliari, la mamma e il fratello, vivono in una città sotto Kiev, nel cuore dei bombardamenti. Da giorni vivono chiusi sotto terra senza avere niente, nè da mangiare nè altro.

«Io ho parenti e amici più ad Ovest, ad Ivano Frankivs’k, sotto la città bombardata il primo giorno – racconta Olena che non mangia da giorni – la mia città è stata attaccata nel primo giorno di guerra ed hanno distrutto aeroporto e aerodromo. Ho amici con bambini che non so che fine faranno. Stanno bombardando tutto. Anche i soldati russi non sanno perché combattono, perdono la vita e non sanno il perché. L’Ucraina non si aspettava questa guerra. La gente lì con le mani nude, si mette in ginocchio con i bambini, le donne, gli uomini e fermano i carri armati e gli dicono: “Noi non siamo ostaggi di nessuno, dei neonazisti; quella è solo una propaganda di Putin. Andate a casa vostra, non vogliamo essere liberati da nessuno”. La mia città è situata ad Ovest ed è un paese meraviglioso, con le montagne, dove ci sono stranieri, un paese accogliente – racconta ancora Olena – Mio padre è ucraino e mia mamma russa e tutta la vita ha abitato ad Ovest dell’Ucraina. Io stessa ho frequentato la scuola russa, e non condivido questa guerra generata solo da Putin e dalle falsità che ci ha sempre raccontato. Io sono andata a scuola fino al ‘93, e lì mi hanno insegnato che Italia, Germania, Londra, Stati Uniti sono nostri nemici. Ci dicevano che volevano prendere la nostra terra. Da bambina vivevo con il terrore che voi europei lanciavate la bomba atomica contro di noi. Ci dicevano che se voi ci prendevate, ci mandavate nei bordelli o ci sfruttavate come Hitler nei campi di concentramento. Ecco, io sono cresciuta con queste idee sbagliate che ci hanno raccontato a scuola. Per me le frontiere erano chiuse perché di là c’era tutto il male del mondo. In Russia ancora si vive con l’odio verso tutta l’’Europa e lo insegnano da piccoli. Basta pensare che quando è caduto il muro di Berlino e si sono aperte le frontiere, arrivavano materie dalla Polonia e dagli altri Paesi esteri che portavano tante cose. Io non avevo mai visto le gomme da masticare e ci dicevano di non prenderle perché esplodevano. Noi bambini avevamo quindi addirittura paura di prendere gomme e caramelle che venivano dall’estero. Tutte falsità contro l’Europa».