Pandemia, il Campus biomedico si prepara a chiudere il Centro Covid 3.0
Sanità
29 Marzo 2022
Pandemia, il Campus biomedico si prepara a chiudere il Centro Covid 3.0

Ancora qualche settimana è al Campus Biomedico di Roma la pandemia non sarà che un ricordo. Il Centro Covid 3.0 sta per chiudere i battenti e per il presidente della neonata “Fondazione policlinico Campus Bio-medico”, Carlo Tosti, è l’occasione per tracciare il bilancio di ventiquattro mesi di battaglia. “Quando due anni fa è scoppiata l’emergenza Covid – spiega Tosti in una intervista rilasciata ad AdnKronos Salute – non eravamo avvezzi a un virus e a una patologia di questo tipo. La Regione Lazio ci ha chiesto di organizzarci per realizzare il Covid Center, noi avevamo finito di realizzare il Dea di primo livello, il pronto soccorso, fondamentale per coprire le esigenze di un bacino d’utenza di 300mila persone.

CARLO TOSTI PRESIDENTE FONDAZIONE POLICLINICO CAMPUS BIO MEDICO

Eravamo pronti a inauguralo, lo abbiamo trasformato in Covid center in tempi record. All’inizio c’erano in totale una novantina circa di posti letto complessivi, fra ordinari Covid e terapie intensive. E durante le varie ondate di Covid, è rimasto sempre operativo”. Non solo posti letto Covid, però. L’impegno del Campus contro il Covid è stato a tutto campo: “In adesione alle richieste della Regione Lazio – racconta ancora Tosti -, abbiamo aperto un centro vaccinale, allestito in una struttura del policlinico che abbiamo ristrutturato, e un moderno Drive in per l’esecuzione dei tamponi, rapidi e molecolari. Entrambe le strutture resteranno in piedi anche a emergenza finita”. Adesso è il momento di guardare avanti e il presidente della Fondazione Campus Biomedico assicura che innovazione e ricerca saranno le stelle polari del Centro di Trigoria anche in futuro. “Dal primo gennaio – spiega Tosti – è nata la Fondazione, primo passo per la strada dell’accreditamento per essere riconosciuto come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, Irccs dove si coniugano assistenza ai pazienti e ricerca. L’iter è partito, il percorso mediamente dura 2-3 anni. Quando saremo un Irccs potremo investire molti più soldi sulla ricerca sia clinica, sia traslazionale, quella che permette di portare al letto del paziente terapie sempre più innovative e mirate”.