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    Salute
    14 Marzo 2023
    (Adnkronos) - "In Italia ci sono 17 milioni di uomini con più di 40 anni di età: di questi il 6-8% ha una grave carenza di testosterone nel sangue, in pratica 1-1,5 milioni di maschi over 40 è afflitto da ipogonadismo, patologia ...
    Isidori (Siams): “Ipogonadismo per 1,5 mln over40 ma diagnosi tardiva”
    (Adnkronos) - "In Italia ci sono 17 milioni di uomini con più di 40 anni di età: di questi il 6-8% ha una grave carenza di testosterone nel sangue, in pratica 1-1,5 milioni di maschi over 40 è afflitto da ipogonadismo, patologia ...

    (Adnkronos) – “In Italia ci sono 17 milioni di uomini con più di 40 anni di età: di questi il 6-8% ha una grave carenza di testosterone nel sangue, in pratica 1-1,5 milioni di maschi over 40 è afflitto da ipogonadismo, patologia spesso diagnosticata tardivamente perché i sintomi più specifici, tra cui quelli a carico della sfera sessuale, non vengono riportati spontaneamente dal paziente, per vergogna o ignoranza”. Lo afferma Andrea Isidori, professore ordinario di Endocrinologia al Policlinico universitario Umberto I di Roma e attuale presidente della Società italiana di andrologia e medicina della sessualità (Siams).

    “Un po’ di responsabilità è anche dei medici che non lo indagano -ammette Isidori – dimenticando di chiedere ai pazienti ‘come va la tua vita sessuale?’. Così come si fa per il colesterolo, o il Psa, si dovrebbe controllare i livelli di testosterone in ogni uomo che ha problemi di obesità, diabete, anemia o osteoporosi. Purtroppo, l’ipogonadismo maschile è spesso sotto-diagnosticato e, anche quando individuato, risente di uno ‘stigma sociale’ che ne rende difficile l’emersione”. I sintomi più comuni sono: difficoltà di erezione, calo del desiderio, aumento di peso, stanchezza, perdita di motivazione.

    “Molti uomini nel pieno della loro vita lavorativa, sessuale e di relazioni sociali – spiega l’endocrinologo – danno la colpa all’età o allo stress, e non associano quei segnali a veri e propri campanelli d’allarme di una condizione che, se non adeguatamente trattata, provoca osteoporosi, anemia, obesità, diabete mellito, aumento del rischio cardiovascolare e disturbi dell’umore”. Tra le cause, il “malfunzionamento del testicolo o della ghiandola (ipofisi) che controlla la produzione di testosterone – sottolinea Isidori – i farmaci assunti per infezioni (anti-fungine) o altre patologie croniche (antidolorifici, antiepilettici, oppiodi), e l’alcool in eccesso, interferiscono tutti con la produzione di testosterone. Inoltre, ci sono i tanti pazienti che sono guariti da un tumore. Infatti, la chemioterapia o la radioterapia possono provocare un abbassamento dei livelli di testosterone nel sangue che può perdurare per sempre”.

    Le terapie oggi disponibili sono efficaci, e possono correggere tutte le conseguenze dell’ipogonadismo, ma “è fondamentale la continuità terapeutica” – avverte Isidori -. Abbiamo a disposizione diverse modalità di somministrazione, in prevalenza tramite gel cutanei o iniezioni intramuscolari. Tuttavia, le aziende farmaceutiche investono poco su questi prodotti. Risultato? Ci sono periodi in cui le terapie scarseggiano e la carenza di testosterone comporta interruzioni del trattamento. In questo modo viene negato ai pazienti un diritto sancito dalla costituzione e si rischia che anche quella piccola percentuale di ipogonadici che riesce a ricevere una diagnosi e iniziare una terapia sostitutiva, finisca per inabissarsi nel limbo di coloro che non si curano”.

    Da qui l’appello all’Agenzia italiana del farmaco, che ha riconosciuto la rimborsabilità a carico del Servizio sanitario nazionale e del Servizio sanitario regionale del testosterone nelle persone affette da ipogonadismo maschile, “affinché renda rimborsabili tutte le preparazioni a base di testosterone, anche quelle di fascia C, che altrimenti costano al paziente anche 60 euro al mese”. Dal momento che questa terapia viene prescritta “solo da specialisti – conclude Isidori – e quindi il numero delle persone che ne hanno bisogno è noto, Aifa può costringere le aziende farmaceutiche a garantire in Italia la quantità necessaria per il fabbisogno dei pazienti. Solo in questo modo può garantire loro continuità terapeutica”.