Storia, pasta, stoffa. Vince l’esperienza rossonera. Alla fine il duello tra Napoli e Milan, malgrado i 22 punti che separano in campionato i futuri campioni d’Italia da quelli che ben presto abdicheranno, premia e sussurra l’AC Milan. Finisce 1-1 al Maradona: pareggia Osimhen all’ultimo respiro, gol che cambia ben poco, triplice fischio, abbracci e sorrisoni rossoneri.
Partita molto particolare. Intensa, tattica, italiana. Trama molto semplice: Napoli a far la gara, Milan compatto a ripartire. Colpirebbero i rossoneri in ripartenza, ma Giroud fallisce il rigore del vantaggio. Il Napoli recrimina per un rigore nettissimo, invece colpiscono stavolta sì gli ospiti, col solito break sontuoso e inarrestabile di Leao che serve un cioccolatino a Giroud, il quale stavolta proprio no, non può fallire. Non solo Kim e Zambo, durante la gara stessa Spalletti perde sfortunatamente anche Politano e Mario Rui che sono costretti a lasciare il campo. Sono segnali, inequivocabili. Nella ripresa stessa trama, ma poche occasioni. Il Napoli palleggia ma stavolta senza trovar alcun varco: palleggio a tratti quindi sterile, Zielinsky non trova alcuno spazio, Osimhen sgomita e lotta senza successo, troppo folte le maglie rossonere. Pure Kvara costantemente raddoppiato, ma resta solo lui l’unica speranza partenopea: sfiora diverse volte il pari in percussione sforzata, poi l’epilogo del film, Maignan che al tramonto gli para rigore. Nel finale ultimi disperati tentativi: segna Osimhen in pieno recupero, ma troppo tardi.
In semifinale vola il Milan. 16 anni dopo l’ultima volta. Dimostrando pasta, stoffa e DNA internazionale. In Champions tutt’altra musica. E preventivabile, a dispetto di chi sosteneva non ci fosse partita. A dispetto forse di chi ha esultato troppo presto. Il Napoli lascia una Champions che l’ha vista scrivere pagine radiose: prima volta ai quarti, goleade storiche su istituzioni della competizione come Ajax e Liverpool. Peccato, ma a questi livelli può succedere: lo devi metter in conto, anche sul più bello. Quel che va sottolineato è che resta una stagione straordinaria, che indipendentemente da ricorsi bianconeri finirà in una sola strameritata maniera: il tricolore al Maradona, 30 anni dopo Maradona. Impresa e stagione da sogno.

