Con ardore e grinta. Di chi sa che per arrivare a fine stagione malgrado assenze e infortuni, non può far altro che scavare in se stesso. Sfruttare le proprie armi. Il DNA, la compattezza, l’Olimpico. E lo stemma, la primavera, il settore giovanile. E così che la Roma chiuse la sua Europa League all’Olimpico nel modo migliore, quello più giusto: l’ennesima vittoria che spedisce sciarpe e sostenitori a godersi un altro radioso giovedì. Finisce 1-o e storia nella storia, stavolta favola, timbra Bove in piena ripresa, un altro dei romani e romanisti, concetti d’identità che spiegano parecchio di questo club. Stavolta sarà diverso: c’è un ritorno in Germania che lascia comunque responsabilità di rinviare qualsiasi tipo di spumante, la finale di Budapest può ancora aspettare.
Perfetto Mou a battere uno dei suoi allievi più colti, Xabi Alonso, che in carriera ha giocato pur per Ancelotti e Guardiola, e si vede. Palleggio a tratti particolarmente raffinato ma troppo sterile e orizzontale: la Roma non sbaglia mai le basi, seconde palle e mentalità alla fine fanno sempre la differenza. E dopo Real Sociedad e Feyenoord avversario tecnicamente simile: bravo Mou a saper come fare. Non è un caso che il gol di Bove sia un lancio in verticale, un spavalda percussione e diagonale perfetto, perfetto perchè semplice, puro. Roma compatta, solida.. la solita. Poche sbavature, gran densità, reparti corti e anche in piena emergenza missione compiuta: Rui finisce imbattuto.
Adesso Bologna. Un quarto posto in campionato ormai utopia. Menti e cuore tutte a Leverkusen. Mou deve arrangiare una formazione senza rischiare ulteriori infortuni: solo stasera rientrato Dybala, tempo di spezzone finale, obiettivo tedesco. Nella speranza di poter recuperare anche Smalling, in serata soltanto in panchina. Ma la Roma c’è. Il gruppo pure. Il pubblico ancor di più. Come sempre. Una settimana di trepidazione, poi la spedizione teutonica.

