di Simona Tenentini
VITERBO – Quarant’anni alla ricerca della verità. Ci va giù duro Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, nella sua ricostruzione di una delle vicende più controverse della cronaca italiana ma anche internazionale.
“Un vero e proprio rapimento – denuncia – non un semplice caso di scomparsa come si vuole far credere da quarant’anni a questa parte, in un continuo depistaggio e occultamento della verità”
Orlandi, sul palco di Ombre Festival insieme all’avvocato Laura Sgrò e al giornalista moderatore Paolo Di Giannantonio, non fa sconti a nessuno: Procura, Vaticano, Servizi Segreti: tutti sono complici di un insabbiamento che si trascina da troppo tempo e che nasconde realtà scomode che, se uscissero dal cono d’ombra in cui sono state relegate rischierebbero di far saltare un intero sistema.

Le accuse più dure contro i silenzi del Vaticano “un mondo in cui sono nato e cresciuto e dove tutti si conoscono, è impossibile che non si sappiano le circostanze che hanno portato a rapire una ragazza di quindici anni.
Ultimamente hanno tirato fuori la storia delle presunte molestie di mio zio ad una mia sorella provando a spostare, ancora una volta, l’attenzione dalle motivazioni reali.
Sconcertante il tempismo adottato: le accuse infatti sono emerse proprio mentre si sta avvicinando l’istituzione di una commissione d’inchiesta che possa finalmente far luce sulla vicenda di mia sorella.

I cittadini hanno diritto a sapere la verità, su questo come su molti altri casi irrisolti ma tutti connessi, a partire dall’attentato al Papa.
La commissione d’inchiesta in questo senso può essere molto utile perchè contribuisce a tenere alta l’attenzione: la voce di Emanuela è quella di tutti gli scomparsi ed il nostro obiettivo nella vita dovrebbe essere sempre quello di non accettare passivamente le ingiustizie, sia le nostre che quelle degli altri.”

