Non è stata Antonio Conte la scelta della FIGC. Non è stato il suo ritorno. Malgrado, prima del disastro Ventura e suo cospicuo rapporto con l’ex Tavecchio, la sua gran cavalcata nelle qualificazione verso Euro 2016 e la stessa kermesse continentale, fino a quei quarti con la Germania che a tutto il paese ancora continuano a far male alla memoria, con la rigorata ad un passo dalle semifinali proprio persa coi tedeschi. Tutto infatti ha portato al tecnico campione d’Italia, Luciano Spalletti, che da giugno ha lasciato il suo capolavoro più prestigioso chiamato Napoli. Aveva chiesto un anno d’assenza: probabilmente non s’aspettava nemmeno lui che un ruolo, alla sua età perfetto, come commissario tecnico della nazionale si sarebbe liberato. D’altronde è ormai chiaro a tutti ciò che è successo tra Roberto Mancini e Gravina. Ora, burocraticamente, capitolo Luciano. Alla fine s’è trovato l’accordo: ADL ha liberato Spalletti. Uno dei tecnici più straordinari e rivoluzionari degli ultimi 20 anni di calcio italiano. Tra Venezia e Ancona scoppiò ad Udine, dopo la scuola Empoli. Sempre una mente meravigliosamente fertile di idee calcistiche. Allora Roma, poi Zenit, ancora Roma, per un calcio sopraffino. Il biennio all’Inter per riportare i nerazzurri in Champions, poi il suo capolavoro più grande: Napoli. Un maestro di calcio. Un maestro di calcio italiano. Il coronamento della sua carriera. Eredita dal Mancio le qualificazioni verso Euro 2024, ma la grande sfida, dove ha soltanto tutto da guadagnare, è riportare 12 anni la nazionale italiana ad un Mondiale, quello americano, quello del 2026. Contratto infatti proprio fino al 2026. Tutto fatto: l’ufficialità è arrivata ieri in serata. Brinda chi ama e adora il calcio italiano. L’Italia riparte da Luciano Spalletti.

