di Diego Galli
VITERBO – Dopo quasi due anni di indagini serrate, si è giunti nelle ultime ore a un risvolto sostanziale nell’omicidio di Salvatore Bramucci, avvenuto il 7 agosto del 2022 a Soriano nel Cimino, con due ultimi arresti.
A finire in manette sono stati Dan Constantin Pomirleanu e Alessio Pizzuti, che si aggiungono ai due presunti sicari, Tonino Bacci e Lucio La Pietra, alla moglie e la cognata di Bramucci, Sabrina Bacchio ed Elisabetta Bacchio. Resta, tuttavia, nel mistero dove sia andata a finire l’arma del delitto, mai ritrovata dalle forze dell’ordine.
I due, come gli altri quattro già in manette, sono accusati di concorso in omicidio, aggravato dalla premeditazione e dal rapporto di coniugazione tra la mandante (la moglie di Salvatore Bramucci) e la vittima.
“L’omicidio di Bramucci ha turbato la collettività – ha affermato stamattina il procuratore capo Paolo Auriemma – soprattutto in un luogo come Soriano, relativamente piccolo. Con queste due ultime misure cautelari, ora è stato chiuso il cerchio.”
Il caso di grande violenza, che aveva visto all’opera un vero commando armato per l’esecuzione materiale di Bramucci, era stato un fatto sconvolgente per la tranquilla Tuscia, zona reputata da tutti estremamente tranquilla.
Anche per questo, Auriemma ha voluto ribadire che nella Provincia di Viterbo “non c’è una criminalità organizzata, anche grazie allo sforzo di prevenzione delle forze dell’ordine con un costante e capillare controllo”.
“Dal 2022 a oggi – ha proseguito – si è svolta un’attività ininterrotta di indagini, accertamenti e verifiche a 360 gradi. Alle persone posso dire che ora avremo un rasserenamento del territorio poiché questa zona è gestita da una polizia giudiziaria e da una Procura che conoscono capillarmente l’area. Un risultato importante, che oggi offriamo alla nostra collettività”.
Con lui, anche il comandate dei carabinieri provinciali, Massimo Friano, che ha seguito il caso fin dai primi momenti.

Il comandante dei carabinieri Massimo Friano
“C’erano quasi 30 gradi quella mattina di agosto quando siamo intervenuti sul luogo parlando con i primi testimoni – ha ricostruito Friano – Il lavoro corale di tutte le forze entrate in campo si è mosso in un’unica direzione, raccogliendo le testimonianze e le prove che hanno permesso di unire gli elementi sufficienti per ottenere l’ordinanza di custodia cautelare dei soggetti, il gruppo di fuoco, ritenuti responsabili dell’efferato gesto. Conoscenza del territorio e strumenti tecnici hanno permesso di ricostruire gli elementi fondamentali per individuare i colpevoli del reato”.
A occuparsi del caso, anche il PM Massimiliano Siddi, presente anche lui alla conferenza stampa di stamattina presso la Procura della Repubblica di Viterbo. “In Circa due anni è stato chiuso il cerchio di un’operazione che inizialmente non sembrava per nulla facile – ha spiegato – Tutto è stato permesso dalla grandissima professionalità degli inquirenti e della nostra polizia giudiziaria, anche perché il lavoro si è svolto senza la collaborazione di nessuno dei soggetti coinvolti, che si sono tutti avvalsi della facoltà di non parlare”.
Riguardo al movente, è sempre il PM Siddi a pronunciarsi. “Abbiamo solo ipotesi – ha dichiarato – e pensiamo a motivazioni miste: in primis quelle economiche e quelle dei rapporti familiari deteriorati. Quelli raccolti, tuttavia, sono tutti elementi indiziari e deduttivi. Non c’è alcuna certezza sul movente, ma solo ricostruzioni oggettive”.
Come spiegato successivamente, va da sé che il commando armato è stato assoldato con estrema possibilità dietro un pagamento in denaro.

Il pubblico ministero Massimiliano Siddi
“Siamo ragionevolmente sicuri – ha aggiunto – che Bramucci volesse portare via con sé una cospicua somma di denaro e che proprio questa potrebbe essere l’elemento di innesco della faccenda. Potrebbe esserci anche una settima persona coinvolta, già individuata, e le indagini possono avere ancora qualche sviluppo, nonostante siano sostanzialmente in fase di chiusura”.
“Uno degli elementi più importanti è stato quello di identificare le auto utilizzate dal gruppo di fuoco per arrivare e successivamente fuggire dal luogo dell’omicidio – ha poi proseguito il Tenente Francesco Anania, a capo della squadra investigativa – L’analisi svolta sui filmati raccolti ha permesso di identificare le auto. Non si è trattato tuttavia di un semplice lavoro di raccolta e relazione ma anche di integrazione di tutte le informazioni acquisite, utile a identificare un certo tipo di linguaggio in codice utilizzato dall’organizzazione per parlare e organizzare l’omicidio”.
“Abbiamo restituito il buon nome di Soriano alla propria cultura e alla propria possibilità di essere un paese accogliente, come lo è sempre stato – ha concluso, infine, il procuratore Auriemma – Questo risultato è frutto della circostanza, non casuale, che i gruppi violenti non si radicano nel nostro territorio. La Tuscia non è una zona tranquilla per caso, ma lo è grazie all’impegno delle forze dell’ordine e delle loro conoscenze approfondite del territorio. Fondamentale è anche la grande fiducia che c’è tra cittadini e forze dell’ordine”.

