Trentaduesima edizione della Panchina d’Oro italiana. Come ogni anno, da tre decenni e passa a questa parte, si vota all’inizio dell’anno nuovo il miglior allenatore dei massimi rispettivi livelli di calcio italiano della stagione sportiva precedente. E come pronostici volesse, ha vinto Luciano Spalletti. Non poteva che esser lui, tra le iconografie del movimento calcistico italiano del nuovo millennio: tempo galantuomo per qualcuno che produce opere calcisticamente artistiche dai tempi almeno di Udine, dopo i tanti traguardi raggiunti tra la doppia esperienza romanista e quella doppia qualificazione Champions con un’Inter riproietta ante Conte a determinati livelli, la storia del terzo Scudetto a Napoli non poteva che non esser ulteriormente premiata, risaltata, esaltata. E così è stato. All’attuale commissario tecnico della nazionale va chiaramente infatti il premio di Panchina d’Oro 2022/23, seconda volta dopo pensate quel ventennale 2004/05 con cui lanciando Di Natale e Iaquinta portò l’Udinese in Champions League: lui, come poi stagione 23/24 avrebbe suggerito e rivelato, il maggior artefice di una cavalcata destinata a restare intrinsecamente incisa nella storia contemporanea del calcio italiano. Trionfa con ben 42 voti: nonostante la finale di Champions solamente 6 a Simone Inzaghi, 3 per Stefano Pioli. Alle acque laziali farà invece piacere chi ha vinto il premio di Panchina d’Argento, l’artefice della terza promozione in massima serie del Frosinone, quel Fabio Grosso reduce però dall’esperienza già terminata in Francia sulla panchina del Lione. Vince e stravince lui come fece la capolista giallazzurra un anno orsono: 22 voti per Fabio, 16 per Ranieri, solamente 6 per Alberto Gilardino. In C trionfa invece il mentore della cavalcata del Catanzaro, Vincenzo Vivarini, calcio per presente e futuro nelle leghe minori: 35 voti e dominio su Foschi e Diana.

