Nonostante malasorte e dose indescrivibile di infortuni e problemi fisici, Matteo Berrettini c’è. C’è sempre. In qualche modo si rialza sempre. E lo ha fatto anche stavolta quando, nonostante le più grandi attenzioni del tennis italiano fossero rivolte al weekend di Sinner all’Indian Wells e la sua sfida poi persa con Alcaraz che poteva valere addirittura la Top 2, Matteo ha saputo vender cara la pelle e fatto sognare i tanti suoi sostenitori con una gran cavalcata sul cemento di Phoenix, perdendo soltanto in finale contro Borges, numero 60 al mondo, all’ATP Challenger in Arizona. Bissa Borges, che vince dopo due ore di battaglia con punteggi che spiegano quanto e come Berrettini abbia valorosamente lottato, 7-5 e 7-6, seppur i pronostici erano chiaramente tutti direzione portoghese. Ma resta l’aspetto più importante: Matteo c’è ancora. Non giocava da più di sei mesi e contro vento e pioggia, malgrado condizioni avverse e dopo tutto quel tempo di inattività, ha vissuto un fine settimana straordinario con una cavalcata che l’ha visto battere francesi come Gaston, Casaux e Atmane, vincendo alla grande anche la semifinale con l’australiano Vukic. Impressionante come in un modo o nell’altro il tennista romano sappia rialzarsi sempre, quando tutti mollerebbero. La motivazione, la passione, la determinazione. Quei valori che comunque lo fanno continuare, sempre. Adesso tornerà in campo il prossimo 20, sarà protagonista ai Masters di Miami, per continuare a far emozionare non solo i suoi sostenitori, ma tutto il movimento tennistico e sportivo italiano.

