Il Derby d’Italia torna sorprendentemente bianconero. Motta centra forse la notte più importante della sua era bianconera proprio contro quel club con cui scrisse pagine di storia Triplete, lui, da perno di Mourinho, da calciatore. Ancor più importante della vittoria europea col Manchester City perché arrivata esprimendo finalmente, e tutt’altro che a singhiozzi, un’idea di calcio frizzante. Ha rischiato, soprattutto nel primo tempo, eccome. Ma ha creato, al contempo. E soprattutto nel complesso e nell’orchestra stavolta fioccano prestazioni da 6.5/7, come chi s’era visto fin troppo poco fin qui: dai Koopmeiners ai Nico, più di tutti. Decide in piena ripresa Francisco Conceicao, l’uomo dei gol pesanti, l’uomo dei gol pesanti dell’era Motta come a Lipsia. Giocatona (altra vittoria Motta) di Kolo Muanì: lui con un gioco di prestigio inventa guizzo e assist decisivo in mezzo al traffico di maglie nerazzurre. Dietro la difesa alza il muro, ma sempre tenendolo alto. Al triplice fischio lo Stadium festeggia l’uno a zero sui rivali di sempre, mentre la Vecchia Signora riagguanta la Lazio: continuità e prua Champions, forte dell’aggancio al quarto posto. Vince la Juve, una vittoria che strizza l’occhio a Conte che, nonostante il terzo pari consecutivo incassato in rimonta, resta in testa in solitaria. Lì, attaccatissime Napoli e Inter, in questo momento 56 a 54, ma comunque col becco (o col muso, per dirlo in gergo “allegriano”) sempre più avanti. E l’Inter fallisce l’occasione del sorpasso. Inzaghi, interpretazione giusta, deve recriminare le grosse diverse occasioni sciupate dei suoi; ma qualche cambio in una ripresa non all’altezza, a dir la verità, merita qualche argomentazione. Come la ripresa stessa, del resto.

