“L’Italia che camba in ventiquattr’ore”: Filippo Mola e il suo nuovo romanzo corale tra mare, provincia e destini incrociati
Cronaca
15 Maggio 2025
“L’Italia che camba in ventiquattr’ore”: Filippo Mola e il suo nuovo romanzo corale tra mare, provincia e destini incrociati

L’ingegnere-scrittore pugliese presenta “Il 26 gennaio di un anno che non mi ricordo” al Salone del Libro di Torino

TORINO – C’è una Puglia nascosta che pulsa lontano dai trulli e dalle spiagge affollate dei turisti, una terra di contraddizioni dove precarietà e speranza si intrecciano nelle vite di persone comuni. È questa la dimensione che Filippo Mola, ingegnere di professione e scrittore per vocazione, esplora nel suo secondo romanzo “Il 26 gennaio di un anno che non mi ricordo”, che sarà presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino presso lo Spazio Dialoghi di Services4Media (Padiglione 3, Stand R17-Q18).

 

Un romanzo, quattro vite, ventiquattr’ore

 

Nato a Bari nel 1980 e cresciuto tra gli odori e i colori del Sud, Mola ha sviluppato uno sguardo particolare sulla realtà che lo circonda, trasformando l’osservazione quotidiana in letteratura. Il suo nuovo lavoro, pubblicato da S4M Edizioni dopo il fortunato esordio con “Stabilità di forma” (2023), si presenta come un ambizioso romanzo corale che segue nell’arco di una singola giornata le vicende di quattro protagonisti i cui destini si incrociano inaspettatamente.

 

“Il romanzo nasce dall’idea che la vita possa cambiare direzione nel giro di ventiquattr’ore – spiega l’autore in un’intervista telefonica. «Ho voluto esplorare come persone diverse – un professore universitario in pensione, un’impiegata milanese in crisi sentimentale, un operaio metalmeccanico precario e un musicista disilluso – possano attraversare simultaneamente momenti di svolta esistenziale, anche senza rendersene conto”.

 

La struttura del libro, divisa in quattro parti che seguono lo scorrere della giornata (dall’alba alla notte), permette a Mola di costruire un affresco sociale contemporaneo in cui le vite dei protagonisti si sfiorano e si intrecciano, generando cambiamenti inaspettati. Con un finale sorprendente che rivela una prospettiva completamente nuova sugli eventi narrati.

 

Tra ironia e malinconia: lo stile di un narratore del Sud

 

La particolarità della scrittura di Mola risiede nella sua capacità di alternare registri diversi, passando con naturalezza dal comico al tragico, dalla leggerezza dell’ironia alla profondità dell’introspezione. “È una caratteristica tipicamente meridionale – osserva il critico letterario Antonio Moresco -. Questa capacità di ridere anche nelle situazioni più difficili, di trovare la bellezza nelle piccole cose quotidiane”.

 

Il romanzo, ambientato principalmente tra Bari e la sua provincia, offre uno spaccato realistico e non edulcorato della vita nel Sud Italia contemporaneo. Mola riesce a evitare sia la retorica della “miseria pittoresca” sia l’idealizzazione turistica, concentrandosi invece sulle contraddizioni e sulle difficoltà quotidiane dei suoi personaggi: la precarietà lavorativa, le relazioni familiari complesse, il rapporto spesso problematico con le proprie radici.

 

“Mi interessava raccontare un Sud Italia reale – afferma l’autore -, quello dei lavoratori precari, delle famiglie che cercano di arrivare a fine mese, dei giovani divisi tra il desiderio di partire e l’attaccamento alla propria terra. Ma anche un Sud vitale, pieno di energia e creatività, dove la solidarietà e i legami umani rappresentano ancora un valore fondamentale”.

 

La lingua: dialetto, ritmo e oralità

 

Particolare attenzione merita l’uso della lingua nel romanzo. Mola intreccia sapientemente italiano standard e espressioni dialettali, creando un tessuto linguistico ricco e variegato che riflette la realtà sociolinguistica del territorio. «Il dialetto non è usato come colore locale», sottolinea la linguista Marina Lenti, “ma come strumento espressivo autentico, capace di veicolare significati e sfumature che l’italiano standard non potrebbe rendere”.

 

L’influenza della musica, altra grande passione dell’autore, si sente nel ritmo della narrazione, nella costruzione di scene corali, nella capacità di orchestrare voci diverse. Non è un caso che uno dei protagonisti sia un musicista e che numerosi riferimenti musicali punteggino la narrazione, creando una sorta di colonna sonora testuale.

 

“La mia formazione scientifica e la mia passione per la musica hanno entrambe influenzato il mio modo di scrivere – confessa Mola -. Dall’ingegneria ho preso il gusto per la struttura, per la costruzione architettonica del testo; dalla musica ho appreso l’importanza del ritmo, delle pause, dell’alternanza tra momenti di intensità e di leggerezza”.

 

Dalla provincia al Salone del Libro

 

La partecipazione di Filippo Mola al Salone Internazionale del Libro rappresenta un importante riconoscimento per un autore che opera al di fuori dei tradizionali circuiti editoriali mainstream. La presentazione, che si terrà presso lo Spazio Dialoghi allestito da Services4Media (Padiglione 3, Stand R17-Q18), offrirà ai lettori l’opportunità di incontrare un narratore capace di trasformare l’esperienza quotidiana in letteratura con uno sguardo autentico e originale.

 

“Il Salone è una vetrina straordinaria – commenta Barbara Terrinoni, direttrice editoriale di S4M Edizioni -. Per un autore come Mola, che unisce qualità letteraria e capacità di parlare a un pubblico ampio, rappresenta l’occasione di farsi conoscere a livello nazionale, superando quella dimensione provinciale che spesso penalizza i talenti emergenti, soprattutto se provenienti dal Sud”.

 

L’editore ha scommesso sul talento di Mola, riconoscendo nella sua scrittura una voce originale nel panorama letterario italiano: “Ciò che ci ha colpito è stata la sua capacità di raccontare storie apparentemente semplici con uno stile distintivo, mescolando registri diversi e creando personaggi autentici con cui è facile identificarsi”.

 

Una doppia vita tra numeri e parole

 

Il percorso di Filippo Mola è emblematico di una tendenza sempre più diffusa nella letteratura contemporanea: quella di autori che provengono da ambiti professionali lontani dal mondo umanistico e che portano nella scrittura sensibilità e prospettive diverse. Ingegnere di professione in un’azienda metalmeccanica, Mola ha sempre coltivato parallelamente la passione per la letteratura e la musica.

 

“Vivo queste due dimensioni non come separate, ma come complementari – racconta -. L’ingegneria mi ha insegnato il rigore, l’attenzione ai dettagli, la capacità di costruire strutture complesse; la scrittura mi permette di esplorare quella dimensione emotiva e creativa che altrimenti rimarrebbe sopita”.

 

Questa doppia natura si riflette anche nei suoi personaggi, spesso divisi tra aspirazioni diverse, tra il desiderio di sicurezza e quello di libertà, tra il bisogno di appartenenza e la voglia di fuga. Come l’operaio Rocco, uno dei protagonisti del romanzo, che sogna di evadere dalla fabbrica attraverso la musica, o il professore in pensione che cerca di riconciliarsi con un passato che gli sfugge.

 

Un romanzo generazionale

 

“Il 26 gennaio di un anno che non mi ricordo” può essere letto anche come un romanzo generazionale, che fotografa la condizione di quella fascia di italiani nati tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, cresciuti con aspettative e promesse che la realtà ha poi in gran parte disatteso.

 

“La mia generazione ha vissuto una serie di trasformazioni epocali – riflette Mola -. Siamo passati dal mondo analogico a quello digitale, dalla stabilità lavorativa alla precarietà, da un modello di vita relativamente prevedibile a uno segnato dall’incertezza. I miei personaggi incarnano, in modi diversi, questo senso di spaesamento, questa difficoltà a trovare il proprio posto in un mondo che cambia troppo rapidamente”.

 

Tuttavia, nonostante le difficoltà e le delusioni, i protagonisti del romanzo conservano una capacità di resistenza, una vitalità che li porta a non arrendersi, a cercare continuamente nuove possibilità. Come suggerisce il titolo stesso, con il suo riferimento a una data che non viene ricordata con precisione, il romanzo parla anche della nostra relazione con il tempo, di come alcuni giorni apparentemente ordinari possano in realtà segnare svolte decisive.

 

Conclusioni: una voce autentica dalla provincia italiana

 

In un panorama letterario spesso dominato da narrazioni urbane o da rappresentazioni stereotipate della provincia, “Il 26 gennaio di un anno che non mi ricordo” si distingue per la sua capacità di raccontare con autenticità e profondità un’Italia meno visibile ma non per questo meno significativa.

 

Filippo Mola si conferma come una delle voci più interessanti della narrativa italiana emergente, capace di unire accessibilità e qualità letteraria, leggerezza e profondità. Il suo nuovo romanzo, con la sua struttura corale e la sua ricchezza linguistica, rappresenta un significativo passo avanti nel suo percorso di scrittore.

 

L’appuntamento al Salone del Libro di Torino, nella prestigiosa cornice dello Spazio Dialoghi, rappresenta quindi un’occasione imperdibile per scoprire un autore che, partendo dalla specificità della sua terra d’origine, riesce a raccontare temi e sentimenti universali.

 

“Il 26 gennaio di un anno che non mi ricordo” di Filippo Mola (S4M Edizioni) sarà presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino presso lo Spazio Dialoghi allestito da Services4Media, Padiglione 3, Stand R17-Q18.