Femminicidi, sondaggio choc tra studenti a Bassano: “Chi meritava di più di essere uccisa?”. Poi le scuse
ultimora
16 Maggio 2025
Femminicidi, sondaggio choc tra studenti a Bassano: “Chi meritava di più di essere uccisa?”. Poi le scuse

(Adnkronos) – Giulia Tramontano, Mariella Anastasi, Giulia Cecchettin: “Chi si meritava di più di essere uccisa?”. È il sondaggio choc comparso in una chat di una scuola di Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza. Tre femminicidi, tra i più cruenti, su cui gli studenti partecipanti dovevano rispondere. La chat su Whatsapp è stata pubblicata sul profilo social di ‘Women for Freedom’, associazione umanitaria impegnata nella lotta contro la violenza e la discriminazione di genere, e ha generato commenti di indignazione e sconcerto da parte di associazioni, politici e parenti di vittime di femminicidio.

Da parte del ragazzo che ha aperto il sondaggio è arrivata una lettera di scuse in cui spiega di aver agito senza pensare e di avere compreso in fretta la gravità del fatto. “Mi scuso umilmente per ciò che ho scritto. Non ho giustificazioni né spiegazioni. Mi rendo conto della gravità delle mie parole”, ha scritto.

L’avvocato Aldo Benato, legale della famiglia del giovane autore della chat di classe, ha spiegato all’Adnkronos che “è durata pochi istanti la chat in cui è circolato il sondaggio sui femminicidi. Il tempo di qualche risposta, ma poi il ragazzo, che l’ha proposta, con grande superficialità e senza neanche pensarci, l’ha cancellata rendendosi conto di aver fatto una sciocchezza”. Il sondaggio è stato rimosso ma qualche studente ha partecipato, mentre qualcun altro ha fatto uno screenshot.

“È un episodio, – ha spiegato l’avvocato, che è anche formatore ed educatore nelle scuole – senza dubbio da condannare, ma errare è umano. Il ragazzo si è reso conto da solo di aver sbagliato, ha chiesto scusa anche ai familiari delle vittime e ha fatto tutto quanto in suo potere per rimediare. Si è offerto anche di pagare un incontro formativo dedicato ai giovani. Ma mentre lui ha riconosciuto il proprio errore e lo sta pagando, sul Web circolano commenti minacciosi e denigratori: una vera e propria campagna di condanna nei confronti di questo ragazzo. Non ha fatto qualcosa di irrimediabile, non ha ucciso nessuno, penso che vada accolta la sua richiesta di scuse”.

“Per evitare la sovraesposizione del ragazzo più di quanto accaduto, credo si sia scelto di non coinvolgere formalmente il personale scolastico. Non so se il dirigente scolastico ne sia a conoscenza. A ogni modo immagino che, a tutela del ragazzo, una valutazione in più sarà fatta in seguito, quando le acque si saranno calmate”, conclude l’avvocato.

“Fa male. Da mamma di una ragazza violentata e massacrata in quella maniera e – di riflesso – da vittima anche io, fa male sentire dei giovani fare una chat simile e fare un sondaggio”. Lo afferma all’Adnkronos Alessandra Verni, la mamma di Pamela Mastropietro, la 18enne romana violentata, uccisa e fatta a pezzi a Macerata e i resti della quale furono ritrovati chiusi in due trolley il 30 gennaio 2018. “Io spero che gli insegnanti, il preside, la famiglia, prendano provvedimenti – sottolinea Verni – Questo ci fa capire anche dove siamo arrivati. Bisogna sensibilizzare di più al rispetto: in questa cosa non vedo empatia dai ragazzi, non vedo rispetto, vedo calpestare il dolore che hanno vissuto le vittime e il dolore che viviamo noi famiglie. Se fosse successo a loro, a una loro amica, a una loro sorella?”.

“Vediamo ogni giorno violenza, in tv, per strada, sui telefoni, sui videogiochi, dappertutto e anche questo va cambiato”, conclude la mamma di Pamela secondo la quale andrebbero aperti “centri di ascolto per i giovani; la scuola ha un grande compito, gli insegnanti dovrebbero fare corsi specifici ma tutti noi abbiamo una responsabilità: anche le famiglie e i giovani vanno ascoltati e aiutati”.

‘Women for Freedom’, pubblicando la chat, ha commentato: “È difficile perfino scriverlo. È difficile crederci. Perché questa non è solo una bravata di cattivo gusto – scrive l’associazione nel post sui social – Non è una battuta fuori luogo, ma una mancanza totale di empatia. È uno specchio rotto in cui si riflette una parte della nostra società che ancora non capisce, o non vuole capire, quanto sia profonda la ferita del femminicidio… Non basta dire ‘sono ragazzi’, perché chi crea un sondaggio del genere sa benissimo che sta ferendo. Sta scegliendo di calpestare il dolore… Ogni volta che minimizziamo, normalizziamo. Ogni volta che perdoniamo in silenzio, legittimiamo. Ogni volta che archiviamo, contribuiamo a costruire una società in cui il femminicidio non è un allarme sociale, ma una voce in più nella cronaca nera”.

“Un sondaggio simile non può essere derubricato a scherzo. Dietro ci sono delle vite umane. La gravità di quanto accaduto non può restare tra le mura della classe”, commenta Luisa Rizzon, presidente dell’associazione Women For Freedom invitando tutti a una riflessione più ampia perché “ciascuno di noi può fare qualcosa: il cambiamento nasce proprio dai piccoli gesti, dalle parole, dall’eliminazione dei pregiudizi e degli stereotipi. Serve educazione al rispetto nelle scuole”. Women For Freedom, spiega la presidente, “non è a conoscenza della scuola in cui è accaduto il fatto, non sa nemmeno chi ha lanciato questo sondaggio, ma soprattutto non vogliamo saperlo perché riteniamo che siano gli stessi insegnanti, la classe, le famiglie a dover gestire direttamente la vicenda e prendere, nel caso, provvedimenti. Siamo convinti che faranno quanto necessario per riflettere su quanto accaduto. Da parte nostra, siamo disponibili per un eventuale confronto con gli insegnanti e con la classe qualora loro volessero contattarci, chiaramente nel rispetto dell’anonimato”. Intanto, soltanto ieri, altre tre donne sono state uccise in Italia.

All’Adnkronos Antonio Affinita, direttore generale Moige, Movimento italiano genitori, definisce il sondaggio “vile” e spiega che “rappresenta uno specchio triste di una società che ha smarrito empatia e rispetto per la vita umana. Esprimo profondo sconcerto per un gesto che non può essere derubricato a semplice bravata: è il sintomo di una cultura che non ha ancora compreso la drammaticità del femminicidio”

“È nostro dovere collettivo, istituzioni, scuole, famiglie, associazioni, impegnarci con urgenza in un’azione educativa capillare, volta a trasmettere ai giovani il valore sacro della persona e l’inviolabilità della sua dignità. Serve ripensare i programmi scolastici, – continua Affinita – rafforzare percorsi di educazione alla parità e al rispetto, promuovere dialoghi autentici tra generazioni. Ogni silenzio, ogni sguardo complice, ogni minimizzazione contribuisce a legittimare la violenza”.

“Il cambiamento nasce da piccoli gesti quotidiani: parole consapevoli, ascolto empatico, azioni concrete. Invitiamo tutti gli attori della comunità educante a un rinnovato patto di responsabilità: insieme possiamo prevenire l’odio, coltivare la sensibilità e costruire un futuro libero da ogni forma di sopraffazione. Perché la vera scuola non insegna a uccidere, ma a rispettare e valorizzare la vita”, conclude Affinita.