Civitavecchia svenduta agli interessi privati? Il silenzio imbarazzante del sindaco Piendibene sul caso Psse
Amministrazione
17 Giugno 2025
Civitavecchia svenduta agli interessi privati? Il silenzio imbarazzante del sindaco Piendibene sul caso Psse

CIVITAVECCHIA – Dietro lo slogan del “rilancio strategico” si nasconde forse l’ennesimo gioco di potere ai danni della trasparenza pubblica. È quanto emerge da un esposto firmato dal tecnico civitavecchiese Silvio Dionisi e inviato a Procura, ANAC e Prefettura, che accende i riflettori su un potenziale conflitto di interessi che coinvolge direttamente il sindaco Marco Piendibene.

L’oggetto del contendere è il Psse – Piano di sviluppo strategico ed economico – recentemente approvato dal Consiglio comunale. Un piano che promette sviluppo e attrattività, ma che ha già sollevato dubbi profondi sulla sua gestione. In particolare, Dionisi segnala che all’interno del perimetro d’intervento del piano ricadrebbero due particelle catastali e un immobile riconducibili al primo cittadino e alla sorella, terreni attualmente classificati come agricoli ma potenzialmente destinati a uso industriale.

Una trasformazione che, secondo l’esposto, aumenterebbe il valore di quelle aree da pochi euro al metro quadro fino a 100 euro. In pratica, un’impennata fino a trenta volte superiore al valore attuale, destinata a gonfiare il patrimonio immobiliare dei diretti interessati. E qui scatta la domanda cruciale: può un sindaco approvare un piano che riguarda direttamente i propri beni senza comunicarlo, senza dichiararlo e senza nemmeno astenersi?

A rendere il caso ancora più critico è il fatto che tali proprietà non risultano nella dichiarazione patrimoniale pubblica del sindaco, come invece previsto dalla normativa sulla trasparenza. Non sono mai state citate durante la discussione o la fase istruttoria del piano, né tantomeno durante il voto finale.

Marco Piendibene, interrogato sull’argomento, ha provato a minimizzare: “Il Psse è solo un documento d’indirizzo”. Ma questa risposta non basta. È un tentativo goffo di sminuire un atto che – pur non essendo una variante urbanistica – ha un chiaro peso programmatico e indirizza le future scelte pianificatorie della città.

Se anche la quota immobiliare fosse marginale in termini di superficie (circa il 3%), il principio resta violato. La fiducia dei cittadini non si misura in percentuali: si misura nella trasparenza, nell’etica pubblica, nella correttezza istituzionale. E qui, tutto ciò sembra clamorosamente mancato.

Siamo di fronte a un caso che non può essere archiviato come una leggerezza. È un precedente pericoloso: se passa il messaggio che un sindaco può decidere sul futuro urbanistico della città pur essendo parte interessata – senza dire una parola – allora ogni confine tra interesse pubblico e tornaconto personale viene definitivamente abbattuto.

A Piendibene non si chiede solo di chiarire: si chiede un’assunzione di responsabilità politica e morale. Fino a quel momento, il sospetto resta. E con esso, una profonda ferita alla fiducia dei cittadini verso chi dovrebbe rappresentarli.