di Diego Galli
VITERBO – A Viterbo e nell’intera Tuscia l’allarme arsenico nell’acqua potabile non è un’emergenza episodica ma un problema strutturale che si ripete da anni: le analisi effettuate nei primi giorni di maggio hanno rilevato concentrazioni ben oltre il limite dei 10 µg/L in molte zone servite dall’acquedotto Monte Jugo, e i cittadini hanno bevuto acqua contaminata per giorni prima che venisse imposta l’ordinanza di non potabilità. La comunicazione in ritardo tra Talete, Comune e Asl ha prolungato l’esposizione delle persone a un rischio sanitario potenzialmente grave.
Il limite di 10 µg/L, fissato da autorità internazionali, è un tetto provvisorio, un “placeholder” che tiene conto della tecnologia attuale e non di un valore effettivamente privo di rischi. Studi medici – tra cui quelli presentati recentemente all’Ordine dei Medici di Viterbo – evidenziano che esposizioni croniche anche sotto il limite di legge possono provocare danni seri: tumori della vescica, del polmone e del fegato, malformazioni fetali, diabete, patologie cardiovascolari e neurologiche. L’arsenico è classificato come cancerogeno certo. Anche i più piccoli dosaggi, se assunti per lungo tempo, rappresentano un pericolo.
A Viterbo, i serbatoi come Grotticella, Monte Jugo e Settecannelle hanno registrato livelli al limite o poco sotto in diverse rilevazioni. Questi numeri indicano esposizione continua, silenziosa ma pervasiva. È una questione sanitaria, non solo tecnica o normativa: rischi oncologici, danni fetali, ritardi cognitivi nei bambini, patologie croniche si annidano in dosaggi che finora venivano ignorati.
Il problema non è solo nel pozzo, ma nella comunicazione: ordinanze arrivate in ritardo, informazioni insufficienti, call center spesso incapaci di fornire dati tempestivi. I cittadini scoprono troppo tardi di aver bevuto acqua contaminata, e questo è inaccettabile sotto ogni punto di vista. Problemi confermati dalla stessa amministrazione di Viterbo che, con la sindaca Chiara Frontini, continua a rimarcare come tali questioni siano ormai all’ordine del giorno, ma senza riuscire tuttavia a trovare soluzioni reali se non a parole e con frasi d’effetto.
Occorre che Comune, Asl, Arpa e Talete si attivino con urgenza per stabilire monitoraggi capillari in tempo reale, strumenti trasparenti per segnalare sforamenti fin dal primo momento, tecnologie di dearsenificazione all’avanguardia e tariffe calmierate in conseguenza dei disservizi. È tempo di cambiare paradigma: non basta rispettare formalmente un limite provvisorio, serve puntare a livelli di arsenico il più vicino possibile a zero, come sollecitato da numerosi esperti sanitari.
Le problematiche non cambiano anche quando si parla di fluoruri, altra sostanza presente sì in natura (o aggiunta volontariamente) che in bassissime dosi può portare benefici al corpo. Cambia tutto, però, quando i limiti di mg 1,50 per litro (in base al D.Lgs. 18/2023) vengono sforati, soprattutto se in maniera reiterata nel tempo. I fluoruri, infatti, in quantità eccessive possono portare a fluorosi, una condizione che può interessare ossa e denti, compromettendo nel secondo caso in particolare, anche l’estetica di una persona. Una condizione particolarmente importante per i denti dei bambini, ancora in fase di sviluppo, che potrebbe interessare negativamente anche la salute.
Come viene evidenziato dai dati della ASL Viterbo, reperibili al sito ufficiale dell’ente a QUESTO indirizzo (ma non aggiornati in tempo reale e quindi pressoché inutili da osservare in caso di emergenza) sono molti gli acquedotti dove arsenico e fluoruri sono da tempo ai limiti dei valori “consigliati” dall’OMS. Dati che dovrebbero sottolineare come tutte le misure messe in campo, purtroppo, sono al momento insufficienti per garantire la salute dei cittadini.
Il concetto che quindi deve trasparire è che Viterbo merita un’acqua sicura oggi, non domani.
Screenshot dei dati effettuato in data 19/06/2025.


