Quasi 25 anni. Lassù. Dove Darwin e la teoria dell’evoluzione, repentina e divorante, trova costantemente e sempre più specchio riflesso e concreta realtà. Tra giganti nuovi e vecchi di una Premier straricca e sempre più NBA, dove spesso e volentieri proprietà vanno e vengono e cambiano in un paio di anni soprattutto nella geografia della provincia britannica, un arco così lungo che lo ha reso presidente più longevo in Premier addirittura e per distacco più dei 18 di Abramovic resta senz’altro ragguardevole.
Daniel Levy lascia il Tottenham Hotspur. Il sogno di ogni tifosi degli Spurs. Una presidenza contestatissima, decennio dopo decennio. Nell’ultimo biennio, punti più alti primavere 2023 e 2025, a livelli di marce per tutta High Road. Ufficialmente un passo indietro, dimissioni, come fa capire quel comunicato che avrebbe fatto esplodere i media nella serata del giovedì. Una tranquillissima serata di sosta per le nazionali settembrina, completamente ribaltata.
Perché in 24 anni sembrava non poter schiodar mai quella poltrona. Qualcuno che fuori dal rettangolo di gioco ha fatto cose straordinarie, ribaltando la dimensione di un club, da 80 milioni di sterline a 3 miliardi e passa in poco più di un decennio. Modello di un Football Club moderno: gioiello campo d’allenamento Hotspur Way fino al nuovo stadio, tra i più belli al mondo, cattedrale e luce di una comunità spesso povera come quella di Tottenham, lassù, a White Hart Lane. Club modello che dal nuovo stadio trae tutto: un’azienda, una macchina, addirittura NFL e concertoni. Conti perfetti, tra l’altro; e dalle altre proprietà un uomo d’affari tra quelli più difficili con cui trattare.
Ma dall’altra parte il più paradossale rovescio della medaglia. Decisioni tecniche a tratti folli, investimenti sbagliati, fallimenti del club. Due soli trofei nel suo regno del nuovo millennio. Anni d’oblio, tanti; anni straordinari, pochi, dove non è mai stato in grado di far passo più lungo della gamba e comprare quei due/tre pezzi che nelle ere più radiose avrebbero significato massime vette tecniche. E per questo contestazione. L’impossibilità di sognare, per troppi anni. Laddove osare è fare non è solo motto ma cemento del club e della sua plurisecolare tradizione, costantemente indigesto, il buon Daniel.
Ora. Qualcuno lasciava trapelare qualcosina di dimensione sismiche ad inizio estate. Nulla di tutto ciò. Il club ha ridisegnato l’organigramma, ma nessun terremoto. Terremoto arrivato a fine mercato, perché Levy sarebbe stato indotto, impotente, a lasciare la sua poltrona. Da chi? Questo il nocciolo più importante. Presidente sì, proprietario mai. Non lo è mai stato. Il fondo che gestisce gli Spurs, ENIC, appartiene a Joe Lewis, magnate di 88 primavere che vive allegramente nella sua barca a cinque stelle nelle acque delle Bahamas. Levy detiene il 27% delle quote di ENIC nel club, non di più. E quindi lui, che dal nulla licenziava allenatori senza preavviso, stavolta ha subito lo stesso trattamento: in poche ore, fuori. Finisce una storia nata nel freddissimo gennaio 2020 a settembre 2024, la sera prima del 143° compleanno del Tottenham Hotspur.
Che significa? Presidente non esecutivo, paradossale, diventa qualcuno di fiducia della famiglia Lewis: Peter Charringhton. Più poteri al nuovo CEO, l’ex Arsenal Vinai Venkatesham, con cui ad inizio stagione Levy sembrava amico per la pelle. Insieme la scelta di Mr Thomas Frank, adesso più solo al timone. Si chiude un’era, evento epocale, ma quanto? Una mossa per quietare una piazza che ieri sera ha stappato bottiglie a gogò o cambiar effettivamente ambizione sul campo, a fatti? Questo l’interrogativo di base, che apre e porta alla seconda domanda, quella più rilevante. Questa mossa apre spiragli a cessione? Investimenti esteri? Che siano di rimpolpo alla famiglia Lewis o che, complice le 88 primavere del patron supremo, tiri davvero aria di cessione?
Al momento, fonti britanniche piuttosto veritiere parlano invece di quanto e come la famiglia Lewis, seppur papà Joe avrà assistito dal vivo a non più di una decina di partite in vent’anni, sia appassionata alle sorti del Tottenham. Ed in particolare, più che al figlio Charles che vive in Argentina le stesse sorti del club interessino particolarmente alla figlia Vivienne, vista e rivista più volte nell’arco della scorsa stagione dalle parti di White Hart Lane. Famiglia e Vivienne che vorrebbero rilanciare; proprio dietro la caduta di Daniel Levy ci sarebbe lei, che vorrebbe rilanciare e conquistare quel successo sportivo in cui, rovescio della medaglia dell’aspetto finanziario, l’ex presidente è stato fallimentare. Rilancio o cessione? Soltanto il tempo, magari futuro più semplice che anteriore, anche in questo caso descriverà il suo verdetto.


