ROMA – Si chiude oggi forse una delle pagine più grosse di giustizia all’interno del mondo del calcio italiano degli ultimi anni. Quello che ha visto ancora una volta in copertine la Juventus ma non per successi sportivi, bensì per l’Inchiesta Prisma, coi dirigenti della Vecchia Signora d’allora (imputati quelli degli anni Covid) sotto processo per manovre stipendi e soprattutto plusvalenze fittizie, i contenuti più importanti all’interno di un contesto di presunto aggiotaggio, ostacolo alla vigilanza e false fatturazioni. Un’inchiesta Prisma nata a Torino e spostata a piazzale Clodio, nella Capitale, per competenze territoriali.
Fino ad oggi. Fino al giorno in cui il Gup di Roma, Gavoni, avrebbe emesso il suo verdetto. Accettati i patteggiamenti degli allora dirigenti bianconeri. Quindi ok alle pene concordate rispettivamente per il presidente Agnelli di un anno e 8 mesi, di un anno e 6 per Fabio Paratici, di un anno e 2 mesi per Pavel Nedved. 11 mesi per altri due imputati. Per tutti pena sospesa.
Diverso il caso di Maurizio Arrivabene. Ai tempi era solo membro del Cda, la giustizia ha pertanto ritenuto il suo caso e le sue responsabilità differenti rispetto agli altri imputati ed ha disposto il non luogo a procedere.

