Professor D’Angelo detenuto in Albania: politica in campo, mobilitazione in fermento
Cronaca
5 Ottobre 2025
Professor D’Angelo detenuto in Albania: politica in campo, mobilitazione in fermento

Mobilitazione in fermento, adesso anche politica ed istituzionale, per Michele D’Angelo. Il 44enne professore di biologia dell’Università dell’Aquila, protagonista di un incidente accaduto vicino Tirana lo scorso 8 agosto, è tuttora due mesi dopo detenuto in carcere in Albania.

 

Secondo ricostruzioni, D’Angelo viaggiava a velocità moderata con la sua Lancia Ypsilon con la compagna a fianco per raggiungere il matrimonio di un’amica, quando sarebbe stato impattato (al momento di svoltare, con freccia regolarmente inserita) da un veicolo che viaggiava invece ad alta velocità condotto da cittadino albanese. Nel momento dell’impatto perse la vita un giovane ragazzo di sedici anni.

 

Non si fermò alcuna ambulanza, nemmeno polizia locale. D’Angelo, sconvolto (così il punto dei suoi legali) lasciò il luogo dell’incidente, ma l’indomani si presentò regolarmente in commissariato albanese dove, riportato il fatto, venne invece arrestato e carcerato in attesa di giudizio. Al professore sono stati contestati violazione delle norme stradali e abbandono del mezzo.

 

Cresce dunque, ormai dopo due mesi, sempre di più mobilitazione. Dalla compagna che in questi giorni ha lanciato un appello al governo Meloni per il trasferimento del processo in Italia, ma soprattutto alla politica: la Farnesina ha fatto sapere che l’Ambasciata d’Italia a Tirana e il Consolato Generale a Valona seguono il caso “con la massima attenzione”, mantenendo contatti costanti con i familiari e fornendo assistenza consolare, incluse visite in carcere. Il senatore Luciano D’Alfonso, già l’11 settembre, ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri chiedendo un impegno diretto nelle interlocuzioni con le autorità albanesi. La stessa Università dell’Aquila ha espresso piena solidarietà al docente: “Stiamo facendo il possibile – ha dichiarato il rettore Graziosi – per ottenere la liberazione del collega e per alleviare il peso psicologico sulle persone coinvolte”.

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