LIVERPOOL – Crisi nera. Sei sconfitte nelle ultime sette. Fantascienza, pensarlo soltanto mesi fa. Sembra che ad Anfield siano tornati a dieci anni fa, negli anni più complicati e di transizione societaria tra fine dell’era Benitez, Hodgson e solo avvento Rodgers, sostanzialmente prima della decennale egemonia Klopp, che cambiò e rilanciò la storia recente di una massima istituzione europea come quella chiamata Liverpool FC.
E pensare che la nuova stagione in Premier, da campione in carica, era pure ripartita bene. Con una serie di successi che avevano ripiantato ancora i Reds in testa a metà settembre. Quando qualcosa s’è rotto. Slinding Door? Dal Palace al Palace. Allora imbarcate e grandinate accompagnate dal solito comun denominatore, Slot in conferenza che non sa trovar soluzioni. Scivolati al settimo posto in Premier, sconfitte mediatiche come quel colpo esterno nel derby d’Inghilterra del Man United come concomitante resurrezione Amorim e Red Devils, già fuori dalla Coppa di Lega: in queste ore grandina sul bagnato, dalle parti di Anfield.
E proprio il manager è finito nell’occhio del ciclone. Lo scorso anno rilanciò l’ultima prestigiosa eredità di Klopp e vinse la Premier, quest’anno ha messo mano, lui, troppo. Ha cambiato troppi addendi e stavolta i risultati sono cambiati. Ha fatto male i conti. Investite cifre folli per nuovi elementi senz’altro di valor ma per giovani, come Wirtz e stesso Isak, si sono trovati in un contesto più grande che ha perso invece gente storica, del tessuto altrettanto storico. E vincente. Slot parla di squadre che oggigiorno affrontano i Reds in ben altra maniere, palle lunghe, che non sanno difendere. Gravoso, soltanto asserirlo, quando alleni questi livelli. E non saper trovar soluzione, ripetutamente gara dopo gara, è ancora peggio. Soprattutto quando vanti Van Dijk e Konate. Stessa storia in fase di impostazione. Manca Mc Allister, ma certamente l’assenza dell’argentino non può bastar per giustificar un tracollo del genere. La squadra si sfalda alla prima difficoltà.
Ieri ennesimo cappotto, stavolta interno, tre a zero del Palace ad Anfield ed ennesima radiosa pagina Eagles scritta da Glasnier. Dall’altra parte fischi, leciti e giusti. Chiunque mastica Premier associa la crisi del Liverpool a quella del Man City a metà stagione dell’anno scorso. Sussistono tuttavia differenze: fu benevola, dopo tanti anni di successi, perché sì annientò ogni chance di successo 24/25, ma fu sostanzialmente anno sabbatico che permise a Pep e club di capir che era già tempo di ricostruire e ripianificare il futuro, già a gennaio. Stavolta l’unico lato positivo è che una tempesta del genere sia arrivata soltanto ad inizio stagione, ma nutre connotati completamente differenti: perché s’è investito tanto, s’è cambiato tanto, per risultati completamente opposti, fallimentari. Ecco perché nessuno, tantomeno Slot, può adesso dormir sonni tranquilli.

