di Simona Tenentini
SORIANO NEL CIMINO – “Ebbene, ti confiderò, prima di lasciarti,/ che io vorrei essere scrittore di musica,/ vivere con degli strumenti/ dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare/ nel paesaggio più bello del mondo, dove l’Ariosto/ sarebbe impazzito di gioia nel vedersi ricreato con tanta/ innocenza di querce, colli, acque e botri,/ e lì comporre musica/ l’unica azione espressiva/ forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà”.
Così scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1966 nel suo “Poeta delle ceneri” nei posti tanto amati di Chia, “Un luogo così ricco di storia e di fascino che il regista non poteva non rimanerne attratto, forse spinto dal desiderio di una vita diversa, più solitaria. Era il 1963 quando Pasolini arrivò in questo angolo di Tuscia e se ne innamorò subito tanto da girarci qualche scena de Il Vangelo secondo Matteo. Per le scene del battesimo di Gesù, infatti, scelse le Cascate di Chia del fosso Castello che scorre sotto la Torre di Chia.”
Si legge sul sito del Parco delle Cascate di Chia del Fosso Castello gestito da Promochia, società cooperativa di comunità con Codice Ateco 91.03.00 che identifica l’attività di “Gestione di luoghi e monumenti storici e attrazioni simili”.
Le attività che rientrano in questo codice includono:
“La gestione e la manutenzione di monumenti storici, siti archeologici, e attrazioni culturali affini….
Tra le altre concentrandosi specificamente sulla conservazione e valorizzazione del patrimonio storico e monumentale.”
A distanza di cinquant’anni dalla morte del poeta che cercava in questi luoghi una vita diversa e solitaria, è curioso come Promochia interpreti la valorizzazione del patrimonio storico e monumentale, affittando il parco come location per “matrimoni da favola”, soprattutto in “stile celtico” Cit. o, ancora, mettendo a disposizione le famose cascate del battesimo di Gesù nel film “Il Vangelo secondo Matteo” per shooting fotografici in perizoma ed abiti succinti.
Sono sempre le stesse cascate che fanno da scenario a scatti in costume e megacappelli di paglia in cui il Parco viene taggato (come da gentile richiesta sulle proprie pagine social) e che appaiono decisamente in contrasto sia con la concezione che Pasolini aveva di questi luoghi, sia con l’attività di promozione e valorizzazione indicata nel codice Ateco.
Infine, il codice ATECO 91.03.00 (Restauro di luoghi e monumenti storici) non permette di vendere servizi fotografici; è necessario utilizzare un codice specifico per le attività fotografiche, come il 74.20.19 ma tant’è….in questa paradossale vicenda tutto appare relativo….a maggior ragione una semplice sequenza di numeri.
