BOLOGNA – Bologna è tutta azzurra. La Coppa Davis.. pure. Ancora una volta. L’Italia centra la quarta Coppa Davis della sua storia, ma soprattutto la terza consecutiva: nessuno era mai riuscito in un’impresa del genere, dai Settanta in poi. Stavolta un pizzico più speciale: pur senza Sinner e Musetti, soprattutto davanti alla propria gente. In casa, a Bologna, città impazzita.
Estasi azzurra: dopo il 2-0 all’Austria e quello al Belgio, fiocca quello in finale nella sfida più attesa, quella con la Spagna. Lo fa ancora una volta trascinata dai due romani, prima l’eterno Berrettini, quindi ancora Flavio Cobolli. Sono sempre stati loro i protagonisti azzurri, anche in questo caso non c’è stato bisogno della coppia bisogno, della bella al doppio, di Bolelli/Vavassori.
Prima con sicurezza, mentalità delle grandi occasioni, Berrettini batte Busta con doppio set che non ammette repliche; miglior Martello, come i grandissimi, nei momenti che contano di più. Soprattutto a disposizione del suo Paese, come Cobolli, che quell’azzurro non ha fatto altro che incarnare ma soprattutto onorare, per giorni. Ed è giusto che anche stavolta la storia la finisse di scrivere ancora lui. E con un’altalena di emozioni come quelle in semifinale: stavolta tre ore di battaglia, sì, ma con Munar. Primo set perso malissimo, ma doppia risposta al Tie-Break in rimonta tra secondo e terzo. Ed è successo, contro un osso durissimo.
Per un trionfo che spiega a tutto il Mondo perché in questo momento l’Italia diventa la massima istituzione del tennis. Perché nonostante l’assenza dei due migliori azzurri del momento, il ricambio generazionale funziona, Velandri scavi e trova talenti, chiunque arriva, onora e si prende la scena. Cobolli e Berrettini: a voi le copertine, a voi la gloria.

