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    Amministrazione, Cronaca
    25 Agosto 2022
    Ladispoli, l’invasione dei cinghiali mette a rischio l’ecosistema della Palude di Torre Flavia

    LADISPOLI – L’emergenza cinghiali, si sa, non riguarda solo il territorio del Comune di Roma. Il fenomeno si estende a tutta la regione, dagli Appennini fino al litorale. Compreso il tratto fra Ladispoli e Cerveteri e la Palude di Torre Flavia. Nei mesi scorsi gli avvistamento di ungulati nell’area protetta sono diventati sempre più frequenti. Ad oggi sono circa una trentina gli esemplari presenti all’interno dell’area della Palude e non di rado capita che si spostino anche nelle zone limitrofe, addentrandosi addirittura nei centri abitati (ne sono un esempio quelli avvistati prima dell’estate tra Cerenova e Campo di Mare, o, più recentemente, quelli a spasso per via del Porto a Ladispoli nei pressi del fosso Vaccina e in via di Torre Perla, dove addirittura ne sarebbero stati avvistati tre). Oltre al rischio di incontri uomo-cinghiale sempre più frequenti e sempre meno piacevoli, esiste poi il problema del danno che questi animali causano all’ecosistema della Palude. Molte specie di uccelli che passano la stagione sul nostro litorale, per esempio, nidificano a terra e il passaggio degli ungulati finisce per mettere a rischio il ciclo riproduttivo dei pennuti. Insomma, le difficoltà causate dalla presenza dei cinghiali sono sempre di più e sempre più gravi e non a caso dalla Città Metropolitana sta per arrivare un piano per il loro contenimento. La soluzione che si starebbe studiando è quella dell’installazione all’interno della Palude di gabbie che consentirebbero di catturare gli esemplari per poi trasferirli. «Le gabbie e gli strumenti ci sono già – spiega la referente del servizio Aree protette di Città Metropolitana, Francesca Marini –, ma bisogna ottenere l’autorizzazione regionale e coordinarsi con la Asl di competenza». Se dalla Pisana dovesse arrivare l’ok, le operazioni di cattura potrebbero partire in autunno inoltrato. Ma sarà un lavoro lungo e faticoso, come ammette la stessa Marini: «Metti due, tre gabbie. Alcune di queste “scattano”, altre no. Nell’esperienza fatta a Monterotondo, ad esempio, con 13 interventi abbiamo portato via 70 animali. Si tratta, appunto, di un grande lavoro».