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    Sanità
    3 Febbraio 2023
    Screening oncologici: il Lazio agli ultimi posti in Italia

    di Simona Tenentini

    ROMA – Screening oncologici nel Lazio: nonostante i proclami di D’Amato, assessore alla Sanità e candidato alla presidenza del centrosinistra, la regione si piazza agli ultimi posti in Italia.

    Una fotografia drammatica della sanità laziale, con particolare riguardo al delicato tema degli screening oncologici, è quella che ci consegnano i diversi report elaborati negli ultimi tre anni.

    Nel 2019, prima del Covid, gli screening mammografici raggiungevano circa il 42% di copertura, valore di gran lunga inferiore rispetto a tutte le regioni del Nord e del Centro Italia, collocandosi in 15° posizione.

    Per quel che riguarda un’altra neoplasia, quella del colon retto, gli screening si attestavano al 27%, con il Lazio nuovamente dietro a tutte le regioni del Centro e del Nord.

    Stessa situazione per gli screening al carcinoma del collo dell’utero, il cui valore era fermo al 32% della copertura, quindi in 13° posizione. Per tutti questi tre screening ben 8 Regioni raggiungevano livelli di copertura superiori al 60%.

    Nel 2020 i valori degli screening per i tumori alla mammella, colon retto e collo dell’utero erano, rispettivamente, al 25, 16 e 21%, ossia i livelli più bassi registrati a livello nazionale.

    Nel 2021, come ha recentemente evidenziato l’Osservatorio Nazionale Screening, i dati non sono confortanti rispetto alle altre regioni italiane che, invece, sono tornate ai livelli prepandemici: lo screening per la mammella è al 35%, per il colon retto al 21% e per il collo dell’utero al 29%.

    Questi dati collocano il Lazio nella fascia più bassa delle Regioni italiane, con numeri inferiori del 30-35% per tutti e tre gli screening.

    Un altro record negativo sta nei numeri, anch’essi drammatici, della mobilità sanitaria. La Regione Lazio ha registrato, in 10 anni, una voragine di debiti con le altre Regioni di circa 2,2 miliardi e quindi ha determinato con i suoi disservizi e con il disastro organizzativo e strutturale della sua gestione una grande fuga di pazienti, costretti a curarsi oltre i confini regionali.

    Anche per il saldo 2021, al netto delle due strutture che non appartengono allo Stato italiano , quali  il Bambin Gesù e l’Ospedale San Giovanni Battista specializzato in riabilitazione neurologica e motoria , il saldo della mobilità della Regione Lazio è stato pesantemente negativo, con un valore pari a 220 milioni di euro circa. La situazione non cambia per gli interventi oncologici.

    Prendendo in esame gli 11 IRCCS oncologici a livello nazionale, l’Istituto Regina Elena di Roma – Capitale d’Italia – è soltanto quinto nella graduatoria degli interventi complessivi. Va considerato anche che il Regina Elena presenta numeri carenti e al di sotto del numero minimo richiesto in ben 7 tumori su 16, per non parlare degli ospedali della città capoluogo di provincia. Nessuno di essi, infatti, raggiunge i volumi minimi nei 16 tumori considerati: Latina e Viterbo nel 50% di essi, Frosinone in una sola neoplasia, mentre Rieti nessuna.

    Un quadro, insomma, tutt’altro che roseo e molto lontano da quello idilliaco disegnato da Alessio D’Amato.