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    Economia e Lavoro
    9 Ottobre 2023
    Pensioni, quota 84 per l’uscita anticipata con 64 anni di età e 20 di contributi: requisiti e meccanismo

    Quota 84Pensione anticipata a 64 anni con 20 di contributi. A Opzione donna, l’Ape sociale al femminile si aggiunge una nuova opzione di scivolo per l’uscita dal lavoro delle lavoratrici. L’ipotesi allo studio del governo è in pratica un anticipo di quella «Quota 84» che è una regola generale per chi si trova totalmente nel sistema contributivo.

    Quota 84, come funziona

    Sono in corso le simulazioni per valutare i costi. Questa nuova “Quota”, tuttavia, dovrebbe avere delle correzioni rispetto alle attuali regole del sistema contributivo.

    Per poter accedere alla pensione non sarebbe necessario aver maturato una pensione almeno 2,8 volte quella minima. Questa soglia dovrebbe essere abbassata a 2-2,5. Anche questo livello è oggetto di simulazioni.

    Ovviamente per le lavoratrici che sceglieranno di utilizzare il nuovo scivolo ci sarà il consueto ricalcolo della pensione in base al metodo contributivo. Nel caso di Opzione donna, con il pensionamento a partire da 58 anni, questo ricalcolo si è sempre rivelato molto penalizzante sull’assegno pensionistico, con decurtazioni tra il 20 e il 30 per cento. Con il pensionamento a 64 anni, l’impatto potrebbe essere più contenuto.

    Il meccanismo introdotto lo scorso anno che ha limitato «Opzione donna» soltanto ad alcune categorie di lavoratrici, come per esempio quelle che assistono da almeno sei mesi il coniuge o un parente di primo grado con handicap grave o un parente di secondo grado che non possa essere accudito da altri.

    O le donne che hanno una capacità lavorativa ridotta, con un’invalidità di almeno il 74 per cento. Questo meccanismo ha quasi totalmente chiuso il canale di uscita anticipata per le donne dal lavoro.

    Le domande non avrebbero superato il migliaio.

    Il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone, da mesi si batte per tornare alla vecchia formulazione di «Opzione donna», ossia il pensionamento a partire da 58 anni per le lavoratrici dipendenti con almeno 35 anni di contributi e a 59 anni per le lavoratrici autonome sempre con alle spalle almeno 35 di contribuzione.

    Sulla reintroduzione di questo sistema, tuttavia, si è sempre schierato contro il ministero dell’Economia, preoccupato dai costi della misura. Anche per questo nelle scorse settimane si è iniziata a testare l’introduzione di un altro meccanismo: una sorta di Ape donna.

    Sarebbe un’Ape sociale estesa alle donne. Se le regole fossero “gemelle”, si tratterebbe di un prepensionamento a 63 anni, con una particolarità. Lasciato il lavoro non si percepirebbe la pensione, ma un assegno fisso per 12 mensilità per un importo massimo di 1.500 euro non rivalutabili.

    Poi una volta raggiunta l’età della pensione si passerebbe senza soluzione di continuità, dall’Ape all’assegno pensionistico. Per le donne, tuttavia, questo meccanismo potrebbe avere un correttivo: invece di partire dai 63 anni di età potrebbe partire da 60 anni.

    L’Ape sociale, però, avrebbe le stesse limitazioni che oggi valgono per «Opzione donna».

    Quindi sarebbe riservato alle “caregiver” (chi si prende cura dei familiari) e a chi ha un’elevata percentuale di invalidità.

    La soluzione «Quota 84» per le donne, invece, potrebbe avere un’applicazione più generale.

    Il pacchetto pensioni in manovra deve fare i conti con le risorse (scarse) a disposizione. Di certo ci sarà la conferma di Quota 103, il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 41 di contributi.

    Un meccanismo che però non favorisce le donne che, come ha ricordato il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon, a 62 anni di età hanno in media 28 anni di contributi. Una vita “lavorativa” ben lontana da quella che consente l’accesso allo scivolo pensionistico di Quota 103. Ed è per questo, insomma, che per le donne serve una soluzione “ad hoc”.