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    13 Maggio 2019
    IL COMMENTO AL VANGELO. ”Voi non sapete ciò che domandate”

    di Don Ivan Leto

    Questo terzo annuncio della passione, come i precedenti, denuncia l’incapacità dei discepoli di comprendere il messaggio di Gesù, il senso ultimo della sua missione e del discepolato. Giacomo e Giovanni mostrano di non comprendere neanche la portata della loro stessa richiesta («Concedici di sedere nella tua gloria») proiettandosi piuttosto in una prospettiva premiale allorquando si avvererà il regno messianico. Eppure, Giacomo e Giovanni erano stati tra i primi a seguire Gesù; avevano lasciato tutto, facendo una scelta radicale di vita; ma solo alla luce della passione e resurrezione di Cristo sarà possibile comprendere. Ora essi si rivolgono a Gesù con la richiesta di sedere nella gloria alla sua destra e alla sua sinistra, ritenendo la loro posizione di discepoli della prima ora, di potersi arrogare il diritto di prelazione. La risposta di Gesù non si lascia attendere e destruttura in maniera totale il pensiero e il linguaggio dei due discepoli, marcando una distanza abissale tra il suo e il loro punto di vista: «Voi non sapete ciò che domandate», è la risposta data. «Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?» È questa la pietra di scandalo ancora impossibile da capire. La “gloria”, non secondo gli uomini ma secondo Dio, significa “bere il calice”, versare il sangue. Ma a quelle parole pronunciate da Gesù essi si rivelano sordi. Marco, che scrive questo vangelo negli anni 70, rilegge gli eventi alla luce della morte e resurrezione del Signore, nonché del martirio cui i discepoli erano poi andati incontro; se al momento essi non comprendono cosa significhi la “gloria” del “bere il calice”, la loro successiva testimonianza di discepoli del Cristo morto e risorto li porrà nella condizione di farlo, dando la vita per lui. Gesù è il Figlio, venuto per fare la volontà del Padre; non può stabilire chi potrà sedere alla destra o alla sinistra: ciò tocca solo al Padre. Nella seconda parte del brano si dice che «gli altri discepoli si sdegnarono con Giacomo e Giovanni». Anch’essi incapaci di comprendere la portata del messaggio di Gesù, si erano poco prima interrogati su chi fosse il più grande non riuscendo i loro occhi a vedere altro se non una questione di preferenze, priorità, privilegi. Gesù smonta, ribaltandola, tale mentalità. Colui che segue Gesù, il discepolo, viva secondo una dimensione sconosciuta al mondo. Nel mondo, infatti, chi è a capo comanda, ma nel regno di Dio, regnare, essere a capo, significa servire. Lui, il Maestro, colui che, seguito e applaudito dalle folle fino al suo ultimo ingresso a Gerusalemme, si avvia ora a testimoniare il suo essere ultimo degli ultimi. In una vita in cui le relazioni spesso si basano su opportunismi legati all’ottenimento di privilegi e di potere, la comunità cristiana è chiamata a fare memoria del messaggio di salvezza di Cristo allontanando da sé ogni autoreferenzialità, comprendendo che servire il fratello significa rinunciare ad ogni tentativo di manipolazione per soggiogarlo alla propria volontà o interesse.