
di Marco Gubetti
Sul fronte dei beni immobili la situazione sta diventando sempre più insostenibile per tantissimi italiani. Dopo dieci rialzi consecutivi del tasso di interesse decisi dalla Bce nell’ultimo anno e mezzo, ci sono oltre 500mila mutui che sono diventati a rischio. Secondo i dati di uno studio di settore effettuato da Nomisma, per mezzo milione di italiani la rata del mutuo supera il 50% delle entrate totali: far quadrare i conti del bilancio familiare diventa un’impresa titanica. Dai numeri elaborati da Nomisma si evince che al momento nel nostro Paese ci sono circa 3,5 milioni di famiglie che hanno un mutuo acceso sulla casa, per un valore complessivo di oltre 430 miliardi di euro, e di queste quasi 1 milione e 300mila (dunque circa il 36%) hanno sottoscritto un mutuo a tasso variabile. Ora, il tasso variabile poteva essere un’ottima scelta in quei vent’anni che sono andati dall’avvio della moneta unica e fino a un anno e mezzo fa, quando per quattro lustri, appunto, abbiamo avuto tassi che variavano tra bassi e nulli. Ma da una ventina di mesi le cose sono cambiate radicalmente. Le due guerre che sono scoppiate, i conseguenti aumenti della materie prime che hanno portato la situazione dell’economia ad avvitarsi pericolosamente e la politica del Bce di rialzi continui del costo del denaro hanno creato questa pericolosissima crisi nella crisi con tante famiglie che vedono farsi sempre più concreta la possibilità di perdere la propria casa dopo aver già pagato magari decine e decine di rate (ricordiamo che dopo sei mesi la Banca può far scattare il pignoramento). Un soluzione potrebbe arrivare dal continuare a puntare sul tasso variabile ‒ perché molti elementi fanno pensare che a metà del 2024 possano finalmente arrivare i primi tagli ai tassi di interesse dopo due anni durissimi – ma solo se in abbinamento con una rata fissa, scaricando così un’eventuale (e di certo non auspicabile) risalita del costo del denaro sul numero dei mesi di pagamento, che nel caso andrebbero ad aumentare, ma lasciando la rata identica. In questo modo non ci sarebbero choc improvvisi sui bilanci delle famiglie perché la cifra da destinarsi mese per mese resterebbe la stessa, ma semplicemente l’estinzione del mutuo invece che in 20 avverrebbe in 21 o magari 25 anni. Un meccanismo del genere permetterebbe a tutta l’economia reale, non solo al settore immobiliare, di continuare a girare senza rally eccessivi perché tutto il denaro in più che va ai mutui viene tolto alle altre spese correnti, impoverendo in automatico tanti altri comparti.