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    Economia e Lavoro, Sanità
    6 Dicembre 2023
    Sanità e manovra: verrà ridotto il taglio delle pensioni dei medici, ma la vera emergenza è la carenza di personale

    di Marco Gubetti

     

    ROMA – La protesta del personale sanitario contro il taglio delle pensioni previsto dalla Legge di Bilancio ha toccato ieri il suo apice con il maxi-sciopero che si stima abbia fatto saltare circa 1,5 milioni di prestazioni mediche. In realtà, le proteste dei camici bianchi – anche prima della grande mobilitazione di ieri – sono state, almeno in parte, recepite dall’Esecutivo: sono della settimana scorsa, infatti, le dichiarazioni della premier in cui ha spiegato le linee direttrici che il governo sta mettendo a punto per rendere meno impattante sulla categoria dei camici bianchi i tagli delle pensioni contenuti in manovra. Se in un primo  momento si era deciso di sforbiciare le pensioni, eliminando i vecchi coefficienti di calcolo (molto generosi) sin dal 1° gennaio 2024, adesso si sta prendendo in considerazione un dilazione nel tempo di questa misura. Sembra poi assodato che nel maxi-emendamento alla manovra che verrà presentato dal governo forse alla fine di questa settimana (ma è probabile che ci vorrà qualche giorno in più) si consentirà a chi va in pensione di vecchiaia di essere esentato da ogni tipo di taglio e così sarà anche per chi raggiungerà i requisiti attualmente richiesti entro il 31 dicembre di quest’anno. Un’altra apertura che la Meloni ha fatto riguarda poi coloro che invece andranno in pensione per anzianità di servizio e per i quali si sta cercando di costruire un sistema graduale di tagli, con sforbiciate più consistenti per chi anticipa di più l’uscita dal lavoro e invece più contenute per  chi resta più a lungo in attività. Va detto, però, che il problema di fondo del settore resta la grave carenza di personale (le associazioni lamentano la mancanza di circa 15/20mila medici e circa 60mila infermieri): è difficile poter offrire un sistema sanitario in grado di agire presto e bene in favore del paziente se si è così pesantemente sotto di organico. Per cercare di risolvere questa situazione una leva sulla quale agire – come giustamente sta facendo il governo ‒ è quella degli stipendi dei medici: in manovra sono previsti ben 2 miliardi di euro per gli aumenti delle rimunerazioni dei camici bianchi nei prossimi anni. Una busta paga più pesante può essere finalmente un modo per fermare l’emorragia di medici giovani (e anche meno giovani) che finiscono a lavorare all’estero proprio perché trovano migliori trattamenti economici. Basti pensare che in Germania i medici hanno stipendi più alti del 30% rispetto all’Italia, in Franciadel 25%; persino i medici spagnoli guadagnano mediamente qualcosa in più di quelli italiani. Senza contare, poi, che all’estero il merito e le capacità vengono premiate con molta maggior frequenza rispetto a quello che accade in Italia. Vale la pena di aggiungere che questo è un classico caso dove si vedono tutte le contraddizioni di questa Europa costruita dal tetto e non dalle fondamenta: prima si impone a tutti gli Stati membri di accettare la piena mobilità economica dei cittadini all’interno dell’Unione, ma poi non ci si preoccupa di omogeneizzare i trattamenti economici, neanche per categorie  fondamentali come quella dei sanitari, puntando invece a farsi concorrenza. Un’altra leva – a prescindere dalla manovra – sulla quale agire per cercare di contrastare la carenza di personale medico è quella di permettere ai più giovani di avvicinarsi alla professione, eliminando il  numero chiuso nelle facoltà di Medicina: un vero e proprio collo di bottiglia che ha pesato nel creare questa perniciosa carenza di personale. La Campania e la Sicilia hanno già imboccato questa strada e sembra che altre regioni siano pronte a seguirle.