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    30 Aprile 2024
    Champions. 2-2 tra Bayern e Real: sorpasso e rimonta, Bernabeu decisivo

    Alla fine è 2-2 all’Allianz Arena tra Bayern Monaco e Real Madrid. Il primo atto della semifinale più attesa, senz’altro a livello istituzionale e di somma di Coppe dei Campioni quella più blasonata o prestigiosa tanto da renderla ormai da decenni una vera super classica europea, termina senza vinci o vincitori. Anche se senz’altro, per sviluppo e narrazione, così come soprattutto letture o momenti del match, ne esce meglio il Real. Un Madrid tutt’altro che spettacolare. Anche qui, esperienza Ancelotti. Seza brillare. Compattezza all’italiana, grandi letture e, nonostante rimonta subita ad inizio ripresa un pari che potenzialmente può valere oro. Già andare al Bernabeu in situazione di vantaggio dopo la gara d’andata significa ben poco, anzi. Figuriamoci col Real capace di rimontare i bavaresi, resistere e portarsi al ritorno in posizione ancor più comoda. Una gara intensa. Bella. Forse non spettacolare come quella tra coloro che restano le più forti d’Europa, quella col City portata e vinta ai rigori da Re Carlo all’Etihad, ma senz’altro all’altezza delle aspettative. Un Bayern ormai tutto proiettato sulla Champions dopo aver perso la Bundes dopo un decennio d’egemonia tedesca che parte fortissimo: grande impronta, splendide verticalizzazioni sull’asse tra Kane e Sané, non arriva il gol del vantaggio. Real bravo a resistere alle fiammate bavaresi in apertura, fiammate che esaltano la bolgia dell’Allianz. E proprio lì che il Real fredda a metà primo tempo: verticalizzazione, sbaglia Kim, splendida imbucata per Vinicius che non lascia minimo scampo a Neuer. Attacco allo spazio e diagonale perfetto. Real che colpisce e colpo duro per il Bayern. Fortunatamente per i tedeschi arriva la ripresa e Tuchel è bravo a ribaltare le carte e slanciare nuova linfa offensiva. Entra Guerreiro al posto di uno dei due mediani, male Goretska, palleggio e manovra più fluide e diretta a pescare gli esterni stavolta finalmente invertiti: e proprio così nasce il bolide di Sané che chiude una botta planetaria sul primo che non lascia minimo scampo a Lunin. Inerzia Bayern e manovra fertile, pescato dall’altra parte Musiala, calcio di rigore. Kane spiazza Lunin: 43 gol in 43 partite stagionali. Riflettete quando criticate un fuoriclasse come l’Uragano, decisivo in una squadra che forse nemmeno favorisce e sposa troppo le sue caratteristiche tecniche: non sempre servito, non sempre al contempo attaccano spazi sfruttando le sue qualità tecniche da vero e proprio nove e mezzo. Il Bayern sorpassa e continua a spingere, ma il Real è il Real ed è bravo a digerire il momento più complicato. Lascia sfuriare i bavaresi, Carlo regge, studia, scruta, cambia le carte in tavola. E allora partita di nuovo equilibrata. Basta una giocata, con quei due brasiliani lì davanti. Quella che inventa Vinicius sposando Rodrygo, finta e slalom, Kim abbocca ancora (anche lui vedova spallettiana?!), fallo e calcio di rigore che Junior trasforma freddissimo, spiazzando Neuer, timbrando la doppia e conquistando quasi al tramonto quel punto esterno che permette al Real di sognare il ritorno con ulteriore positività. Per aver forti chance al Bernabeu probabilmente il Bayern doveva vincere stasera, per presentarsi nella Capitale spagnola con due risultati su tre. In questa maniera Madrid nettamente favorito, ecco perché Carlo esulta, stringe i pugni e a fine gara abbraccia i suoi. Per il Bayern dunque, nei resoconti giornalistici a fine gara, forse giusto titolare amaro in bocca. Proprio per la bravura storica con cui ha saputo nella prima metà della ripresa ribaltare il match. Prima, naturalmente, di farsi per l’appunto e per narrazione esposta riacciuffare. Malissimo Kim, male stavolta pure Bellingham, sostituito in piena ripresa. Ancelotti si prende il punto e se ne torna a Madrid, pronto a far la conta ormai per un titolo di Liga aritmetico, ma inutile nascondersi sorridendo interiormente per metà del lavoro bavarese portato a termine. Il Bayern è sempre il Bayern, senz’altro, storica istituzione europea. Sempre tostissima da battere, ne sa qualcosa il giovane Arsenal, anche nelle sue annate più complicate. Ma Madrid è Madrid e Bernabeu significa Bernabeu. Ecco perché alla fine, il ghigno finale, è tutto madridista.