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    13 Marzo 2024
    Paradosso Arsenal, rigorata e liberazione: all’Emirates davvero la notte più bella dell’ultimo decennio?

    Probabilmente la notte più esaltante dell’ultimo decennio di Arsenal. E questo, per sostenitori ed addetti che ancora ricordano gli Invincibili dell’era Wenger, deve far scattare qualche domanda. Gente in lacrime, fumogeni, scenografie, coreografie, bandiere per un ottavo di finale. Che l’Arsenal di Arteta con persistenza ribalta, pareggiando durante i 90 il primo atto con Trossard e ribaltando l’eroica resistenza di un’istituzione europea come il Porto di Conceicao dopo 120 minuti, soltanto ai rigori. Un Porto che si manifesta ancora una volta istituzione, roccioso, osso duro: gente che sa soffrire quando deve, gente che sa vender cara la pelle, con quel Pepe su tutti che quasi come un Kouros di Polimede a 41 anni dirige statuario la diga dei dragoni lusitani battendo ogni record di longevità calcistica nella massima competizione del Vecchio Continente. E’ la notte di Raya che ne para due e fa capire a tutti perché gioca lui e non Ramsdale, sciogliendo nell’ambiente ogni dubbio tra i due: il britannico accetta, esulta e si complimenta col compagno/rivale di reparto e partecipa alla festa. Così come Henry, tornato all’Emirates col suo CBS show, osannato e applaudito dal suo pubblico, dalla sua gente. Un Emirates lontanissimo, per una notte, da quel che è sempre stato per 18 lunghi anni. Un teatro da palati fini, attaccato alla storia, ma tutt’altro che bolgia o folklore britannico. La fine dell’era Wenger fu contraddistinta da tanti quarti posti che corrispondevano a Champions chiuse costantemente soltanto agli ottavi: i quarti mancavano da ben 14 anni, ecco perché la rigorata di ieri sera per tutto il mondo biancorosso evidentemente significava parecchio. Ma se la storia di successi e trofei è quella decantata, forse festeggiamenti eccessivi. Parliamo senz’altro di un boost di fiducia enorme per una squadra che, lassù assieme a City e Liverpool, dirà senz’altro la sua per vincere la Premier; parliamo senz’altro di una liberazione, quella di aver raggiunto un traguardo che la ripone tra le prime otto d’Europa. Ma forse fa capire quanto e come, transizione al post Wenger e calcio moderno, abbiano abbassato dimensione dei Gunners e soprattutto, forse, argomentando, che proprio in tal dimensione essi stessi si siano costantemente rispecchiati, nell’ultimo decennio. I Gunners provengono da un ventennio dove il Chelsea ha rappresentato più di ogni altra, investimenti e titoli continentali alla mano la Londra europea; senza considerare gli acerrimi rivali storici, quelli del Tottenham, per anni e anni nel calcio d’elite del Vecchio Continente. Ma ora l’Arsenal è tornato a quei livelli, sì, ma non deve e non può accontentarsi. Perché non esiste specchio più limpido e leale della propria storia. E se la storia narra tutti quei trofei, beh, certamente non può bastare.