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    Porto
    19 Giugno 2020
    Autoproduzione delle operazioni portuali: è di nuovo allarme
    Dibattito acceso a livello nazionale. Cpc e sindacati sul piede di guerra

    CIVITAVECCHIA – Era maggio dello scorso anno quando anche il porto di Civitavecchia si fermò per ribadire la netta contrarietà all’autoproduzione delle operazioni portuali, nello specifico il rizzaggio/derizzaggio. Oggi risuonano campanelli d’allarme, a seguito dell’acceso scontro tra compagnia armatoriali e sindacati su alcuni emendamenti al Dl Rilancio. A livello nazionale infatti si sta giocando infatti una partita molto importante su quello che sarà il destino del lavoro portuale e marittimo italiano e le notizie che arrivano da Roma non sembrano essere incoraggianti. In trincea, ancora una volta, la Compagnia portuale e i sindacati. D’altronde aprire ad un’autoproduzione senza regole pesa ancora di più in un porto come quello di Civitavecchia che vanta la presenza da più di cento anni della Compagnia portuale, autorizzata ex art.17. «Dai porti di tutta Italia – spiegano infatti dalla Cpc – si sta alzando il grido di guerra. Stiamo all’atto finale di una battaglia che dura da trenta anni. L’autoproduzione dev’essere consentita esclusivamente, senza se e senza ma, nel caso in cui, in determinati scali portuali nazionali, non siano presenti imprese ex artt. 16, 18 e/o art.17 ovvero altre analoghe organizzazioni di lavoro portuale e sempre che il personale di bordo sia specificamente qualificato e formato per svolgere le operazioni portuali in argomento. L’autoproduzione, dunque, non può e non deve in alcun modo diventare un metodo ordinario di esecuzione delle operazioni portuali, ma deve essere legata a situazioni o a eventi eccezionali. In tal modo sarà possibile tutelare la sicurezza e la professionalità dei lavoratori nonché l’intero sistema portuale, evitando che si diffondano forme di dumping salariale e di concorrenza sleale nei confronti delle imprese autorizzate ai sensi degli art. 16, 17 e 18 l. n. 84/94».

    Il concetto, per i camalli, è sempre lo stesso: gli armatori fanno gli armatori, i terminalisti fanno i terminalisti ed i portuali fanno i portuali. «Confidiamo, quindi, che la politica, quella sana e scevra da interessi particolari, supporti senza indugio l’emendamento al DL Rilancio a firma degli onorevoli Davide Gariglio, Bruno Bossio e Cantini del Partito democratico – hanno aggiunto – chi ostacolerà l’approvazione di questo emendamento, per avvantaggiare ed incrementare il profitto di alcuni armatori a discapito dei lavoratori portuali, avrà sulla coscienza il blocco dei porti italiani e lo scontro sociale all’interno di essi». La preoccupazione, oltre che dal punto di vista occupazionale, è per la sicurezza dei lavoratori che sarebbe messa a rischio. Tanto che le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil del settore trasporti ritengono fondamentale giungere ad una modifica dell’Art. 16 della L84/94 sul tema dell’autoproduzione nei porti.

    «Il mondo dei porti deve trovare, con urgenza, una più puntuale e chiara riscrittura della norma – spiegano i sindacati – anche in considerazione degli accordi internazionali che individuano e condannano le diverse modalità di autoproduzione che, seppur consentita, non può e non deve essere strumento di ricatto utile solo a precarizzare il costo del lavoro e allo sfruttamento sregolato delle infrastrutture dello Stato, senza tralasciare il tema importantissimo della salute e sicurezza dei lavoratori marittimi eventualmente coinvolti. Il tempo è scaduto. È necessario agire subito al fine di realizzare una modifica alla legge, non più rinviabile, che stabilisca regole certe e che non lascino spazio ad una interpretazione di parte. In assenza di segnali che vadano in questa direzione – hanno concluso – comunichiamo fin da subito che ci vedremo costretti a mettere in atto ogni iniziativa ritenuta utile al fine di far valere le nostre ragioni».