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    Amministrazione, Energia e ambiente
    5 Febbraio 2024
    Viterbo – Sul nuovo impianto per il trattamenti dei rifiuti liquidi e pericolosi il silenzio delle istituzioni

    Sorgerà a due passi del mattatoio comunale, all’impianto TMB di Ecologia Viterbo, l’abbandonato teatro romano di Ferento e il sito archeologico sopra le cascate del fosso Acquarossa. Dagli scavi seguiti personalmente da Re Gustavo VI Adolfo di Svezia alla monnezza il passo è stato breve

    VITERBO – La sindaca della Città dei Papi, Chiara Frontini, passa dalle conferenze stampa show davanti alla discarica di Monterazzano ai silenzi assordanti sul nuovo mega impianto per il trattamento dei rifiuti pericolosi appena autorizzato nella zona artigianale dell’Acqua Rossa.

    Un silenzio inspiegabile un po’ di tutte le forze politiche che probabilmente non hanno ben capito dell’ennesima capitolo inerente il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti nella provincia di Viterbo.

    Come scritto qualche giorno fa, sorgerà una piattaforma per il trattamento rifiuti nella zona artigianale dell’Acquarossa.

    Chiuso il procedimento di valutazione impatto ambientale sul progetto presentato da Gea Consulting srl.

    Della piattaforma Gea Consulting, se ne parlò in consiglio comunale (sindaco Giovanni Arena) a margine del dibattito su un’altra iniziativa legata sempre al trattamento rifiuti nella zona dell’Acquarossa: il biodigestore della società Biometano Tuscia, il cui iter si avviava a termine proprio in quel periodo, con esito positivo.

    Stavolta l’opera consiste in un impianto di trattamento rifiuti speciali liquidi pericolosi e non pericolosi “caratterizzato da un ciclo di trattamento integrato di tipo chimico fisico e biologico”. La superficie è un’area di 22.000 metri quadrati.

    La società è una delle 11 imprese che compongono l’Apea AcquaRoVit (zona industriale Acquarossa di Viterbo), ovvero una Area produttiva ecologicamente attrezzata, la prima ad essere riconosciuta l’anno scorso dalla Regione. Il progetto di Gea Consulting “è funzionale alla realizzazione degli obiettivi che si è prefissa ApeaAcquaRoVit in particolare quelli di riduzione dell’impatto ambientale complessivo delle imprese ApeaAcquaRoVit e di aumento della simbiosi industriale della stessa Apea” dissero a quel tempo.

    Il Comune di Viterbo non ha sollevato alcun vincolo. Né per la presenza del mattatoio comunale o dell’impianto per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti né tantomeno di due aree archeologiche importanti come il teatro romano di Ferento e gli antichi resti di un centro urbano etrusco.

    Acquarossa è il nome odierno, derivato dalla vicina sorgente di acqua ferruginosa, attribuito dagli archeologi a un abitato etrusco risalente alla metà del VII secolo a.C. e distrutto, da un terremoto o da città nemiche, intorno al 550-500 a.C., di cui è ignoto il nome originario.

    L’area era già abitata da millenni: sono stati fatti ritrovamenti sporadici del Neolitico, dell’Eneolitico e, sia pure a una certa distanza, dell’età del bronzo (aspetto culturale appenninico), che attestano villaggi di epoche alquanto precedenti agli Etruschi.

    La caratteristica più importante dell’insediamento di epoca arcaica è costituita dalle numerose case, di forma prevalentemente quadrangolare, costituite generalmente da tre stanze allineate con o senza portico antistante, costruite con blocchi di tufo rinforzati con tronchi di legno, che formano un tessuto urbano di carattere irregolare.

    A breve distanza dalla città sono state trovate aree sepolcrali risalenti sia all’epoca di maggiore evidenza dell’abitato, sia alla sua fase più antica corrispondente a un momento avanzato della prima età del ferro.

    I resti archeologici sono venuti alla luce a seguito di campagne di scavo condotte dall’Istituto svedese di studi classici a Roma a partire dal 1966, a cui partecipò anche il re Gustavo VI Adolfo di Svezia, appassionato archeologo.

    Vorremmo ricordare alla sindaco di Viterbo e ai politici tutti che dagli scavi dell’importante abitato etrusco dell’alto Lazio sono emerse testimonianze spettacolari delle sue architetture pubbliche e private. Che oggi possono ammirare nelle sale del Museo Nazionale Etrusco allestito nella rocca Albornoz di Viterbo. Il problema a Viterbo però è quello che farà Sgarbi o il percorso dei carri di carnevale.